Timavo, fatte saltare le prime 300 bombe
Le esplosioni nell’area del Lisert. Ret: finalmente potrà partire il progetto del Parco
DUINO AURISINA
Un boato improvviso, poi il fungo nero che sale al cielo per almeno 20 metri, disseminando tutt’attorno terra e pietrisco. Sono le 15.01: la terra ha un breve sussulto, i primi 100 dei circa 1700 pezzi d’artiglieria abbandonati nel Secondo dopoguerra alle foci del Timavo e recuperati nei giorni scorsi dai militari del nucleo Sdai (Sminamento difesa antimezzi insidiosi) di Ancona sono saltati per aria, oscurando per una manciata di secondi alberi, nuvole, cielo. Quattordici minuti dopo, tutto è finito e anche l’ultimo dei tre brillamenti previsti in giornata per un totale di circa 300 pezzi fatti esplodere viene portato a termine con efficienza svizzera dagli uomini dell’Eod (Explosive ordinance disposal) del terzo reggimento Genio guastatori di Udine, comandato dal colonnello Mauro Prezioso.
E’ scattata dunque ieri dalle 9 la delicata operazione “bombe” al Lisert di Monfalcone. Un imponente dispiegamento di mezzi e uomini - tra cui oltre all’esercito e alla marina, anche i carabinieri, la polizia, i vigili del fuoco e il personale del 118, coordinati dalla prefettura di Trieste - ha blindato l’area adiacente alla cassa di colmata, impedendo a chiunque di valicare il rigido cordone di sicurezza. Idem per la zona delle risorgive del Timavo, dalle cui acque sono stati estratti al mattino i residuati bellici, poi trasportati a Monfalcone. Soddisfazione del questore di Trieste Francesco Zonno, sul posto assieme al sindaco di Duino Aurisina Giorgio Ret, il quale ha finalmente tirato un sospiro di sollievo: «Con l’anno nuovo – ha commentato – potrò far partire il progetto di ripristino del Parco del Timavo, sbloccando così i finanziamenti che ho dovuto mantenere congelati a causa della presenza degli ordigni. Verrà ripulita l’area, ci saranno dei sentieri e perfino un’area deputata l gioco per bambini. Ci sono voluti anni ma alla fine ce l’abbiamo fatta».
La Prefettura, dal canto suo, ha sottolineato «l’attività di coordinamento interprovinciale, che ha reso possibile e concretizzato l’intervento».
Le tre deflagrazioni sono avvenute nel sottosuolo, a una profondità di 5-6 metri, in quelli che i militari chiamano in gergo “fornelli”. Si tratta di fosse di 3 mt per 3 create dai mezzi escavatori, all’interno delle quali è stato riposto su più strati un centinaio di ordigni tra munizioni, proiettili e granate, per una carica esplosiva complessivamente non superiore a 150 chilogrammi (circa 300 pezzi in tutto, ndr). L’innesco è avvenuto a una distanza di 400 mt, grazie a un apposito dispositivo elettrico. Le armi collegate a due “micce”, ciascuna costituita da due cavi gialli protetti da un tubo di plastica rosso, sono state preventivamente seppellite dalla sabbia, trasportata sul posto da due camion. Alle 15.01 un piccolo generatore ha fatto partire l’impulso a distanza. La carica si è propagata al detonatore elettrico, provocando il primo boato. Le operazioni di brillamento proseguiranno oggi per tutta la giornata. Una nuova tranche è prevista tra due settimane.
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