Testamento biologico, si riapre lo scontro

La “sfida” lanciata dal Friuli Venezia Giulia si sposta a Roma. Roccella e Savino: «Atto ideologico senza valore». Lorenzin tace
Una delle manifestazioni sotto la Quiete, dove era stata accolta Eluana Englaro
Una delle manifestazioni sotto la Quiete, dove era stata accolta Eluana Englaro

TRIESTE. «Bandiera ideologica priva di valore». Eugenia Roccella, deputata del gruppo Area Popolare, cattolica, già sottosegretaria alla Salute dell’ultimo governo Berlusconi, incenerisce la legge del Friuli Venezia Giulia che istituisce la possibilità del biotestamento. L’articolato, approvato dal Consiglio regionale due giorni fa con 30 voti a favore, 3 contrari e 2 astenuti (ma anche 14 non votanti), viene contestato anche dal punto delle competenze della Regione in materia di ordinamento civile. Secondo Sandra Savino, segretaria di Forza Italia Fvg, «nelle Dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario, di concreto, c’è solo il rischio illegittimità».

Lo scontro si riapre. Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, esponente alfaniana del governo Renzi, non commenta. Non lo ha mai fatto a chiare lettere rispetto a un tema su cui il Parlamento è in ritardo. Ma la sfida lanciata dal Fvg, prima Regione a istituire il Registro regionale per le Dat, con l’obiettivo di mettere a disposizione dei medici la documentazione sulla volontà delle persone riguardo alle modalità di cura del fine vita, non viene digerita da una parte dei moderati. E se Lorenzin non interviene, se il capogruppo Ncd Alessandro Colautti si dice «orgoglioso» che l’aula di piazza Oberdan abbia fatto da modello e parla di «azione politica chiara» e di «segno di civiltà», Roccella contesta senza mezzi termini l’iniziativa consiliare. «È un atto senza valore, nulla di diverso dai registri sul testamento biologico di molte città italiane – sostiene l’ex sottosegretaria –. In assenza di una legge nazionale, e pure di una eventuale norma sul consenso informato in differita da cui far discendere eventualmente un testo, non si capisce come sia possibile mettere realmente in piedi sul piano organizzativo, oltre che normativo, un sistema di accettazione della dichiarazione». In sostanza, secondo Roccella, la legge Fvg non porterà concretamente da nessuna parte: «Non entro nel merito della legittimità costituzionale, ciò che conta è che ci troviamo davanti a un contenuto che non può essere utilizzato in mancanza di una legge primaria di riferimento. Le Regioni non sono piccoli Stati che possono decidere per conto loro su questa materia». L’affondo è anche politico: «Siamo alla bandiera ideologica, all’opportunismo utilizzato per compiacere un elettorato di riferimento».

Approvata la legge sul biotestamento in Fvg

A centrosinistra, invece, nessun dubbio: la Regione è nuovamente laboratorio di buone pratiche. Lo afferma il deputato Pd Ettore Rosato: «È una legge equilibrata, sono certo che non ci saranno motivi di opposizione del governo» Lo ribadisce il sindaco di Udine Furio Honsell: «La decisione del Consiglio regionale, dimostra grande attenzione alla persona, ai suoi bisogni e alle sue sensibilità anche nei momenti più difficili della vita». Parole che si aggiungono al consenso bipartisan dell’aula. Ma una parte del centrodestra non ci sta. Ferma restando la liberà di coscienza, dice Savino, «l’ambito di competenza non riconosce alla Regione la titolarità per intervenire su questo tema. L’ordinamento civile è infatti in esclusiva dello Stato e sulle Dat ci troviamo in assenza di una disciplina di principio». Il rischio, secondo la deputata forzista, è quello dell’illegittimità costituzionale.

E ancora: «Ritengo sia stata più un’operazione a uso e consumo di chi vuole fare bella figura appropriandosi di ben definiti meriti ideologici, anche se privi di concretezza». A voler essere concreti, insiste Savino, «visto che la nostra regione è l’unica del Nordest a non aver agganciato la ripresa, di priorità in agenda ce ne sarebbero anche altre». Quanto alle Dat, «sarebbe stato più utile pressare il legislatore nazionale, perché occupandosi di questi argomenti si rischia di dare linfa a quella narrazione che vede le Regioni come enti dove si praticano improduttivi, inutili e costosi esercizi di retorica».

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