Terza corsia della A4, dopo 22 anni di attesa realizzati 45 km su 95 da Quarto a Villesse

Dal braccio di ferro sul commissario alla posa della prima pietra  fino alla revisione dell’opera con budget ridotto e divisione in sub lotti 
Marco Ballico

TRIESTE Le premesse della terza corsia sono contenute nel piano finanziario 1999 di Autovie Venete, quando per la prima volta si progetta l’ampliamento autostradale. Nel marzo 2003 si consegnano le prime carte al ministero e nel settembre 2005 prima le Infrastrutture e poi il Cipe approvano il progetto preliminare. Tempi lunghi, come per tutte le grandi opere italiane. La Regione si convince per questo a pianificare le procedure brevi. E nel giugno 2007 Riccardo Illy e Giancarlo Galan, presidenti di Friuli Venezia Giulia e Veneto, chiedono a Romano Prodi la nomina di un commissario. A luglio ci riprovano con il ministro dei Trasporti Antonio Di Pietro. La risposta è un doppio no. Finché, con Renzo Tondo in piazza Unità e Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi, il commissario arriva davvero, via decreto, un anno più tardi.



Nell’agosto 2008, la tragedia di Cessalto – un Tir perde il controllo, invade la carreggiata opposta, muoiono sette persone – accende ancora di più i riflettori sulla Trieste-Venezia. Galan incalza la sera stessa dello schianto: «Serve la terza corsia». Tondo e Riccardi, che si alternano nella gestione commissariale, ci lavorano, ma è una stagione di rincari e il piano finanziario del 2007 (pari a 1,7 miliardi) viene rivisto, con l’aggiunta di opere collaterali, fino a superare il tetto dei 2 miliardi. Il documento riceve nel 2010 il parere favorevole della Bei, che si impegna per un miliardo (successivamente anche Cdp avrebbe promesso 900 milioni), e il Cipe dà così il via libera, recepito dall’Anas. Il 22 dicembre di quell’anno, a Quarto d’Altino – da dove comincia il primo lotto fino a San Donà –, nel giorno della prima pietra ci sono Tondo e Riccardi per il Fvg, Luca Zaia e Renato Chisso per il Veneto. Sembra un percorso in discesa, ma i fatti raccontano invece di una corsa in salita, ad ostacoli.



Il cronoprogramma annuncia la terza corsia completata nel 2015, poi nel 2017. Ma sono date scritte sulla carta. Perché servono tanti soldi e non bastano i ricavi da pedaggio (dal 2011 al 2014 le tariffe si alzano del 35%). In era Serracchiani, anche in conseguenza del diktat del ministro Lupi che, in tempi di crisi, impone alle società concessionarie prezzi al casello non superiori al tasso di inflazione, Autovie, con Maurizio Castagna presidente, rivede il piano e ridisegna un’opera fattibile nella parte ritenuta determinante a evitare un pericoloso doppio imbuto, vale a dire tra Palmanova e Portogruaro. Il moloch non bancabile viene sfrondato delle opere accessorie, diviso in sub-lotti e ridotto a 1,5 miliardi. I lavori ripartono e, al primo lotto Quarto d’Altino-San Donà consegnato nel novembre 2014, si aggiunge il terzo, da Alvisopoli a Gonars, nel settembre 2020. Spesa complessiva: 775 milioni. Ma si tratta di 44,5 chilometri, meno della metà dei 95 km da Quarto d’Altino a Villesse.



Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? «Sicuramente mezzo pieno – dice Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico –, soprattutto se pensiamo ai tempi che sono serviti per mettere in servizio la Serenissima. Già adesso la situazione è migliorata, quando poi si completeranno i chilometri verso Portogruaro, il nodo chiave visto che si incrociano due autostrade, si viaggerà in condizioni di assoluta sicurezza».

Anche Tondo guarda più a quello che è stato fatto che a quello che manca: «Un lavoro che abbiamo iniziato noi, proseguito da Serracchiani, e che già risolve molti problemi, senza dimenticare che è in funzione pure la Villesse-Gorizia. Mi auguro che col Recovery fund possano arrivare fondi importanti». Serracchiani ricorda che, «oltre ad aver lasciato progetti in gran parte finanziati, abbiamo anche messo a punto l’operazione Newco». Insomma, sintetizza l’ex presidente Fvg senza entrare nel merito delle recenti dichiarazioni del presidente di Autovie Maurizio Paniz sull’urgenza di fondi statali, «era tutto pronto». —

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