Terremoto su Coop operaie

La Procura chiede il fallimento «per salvarle»: esautorato il cda, Consoli amministratore
Foto BRUNI Trieste 27 05 2011 Torri d'Europa
Foto BRUNI Trieste 27 05 2011 Torri d'Europa

La Procura ha presentato istanza di fallimento delle Cooperative operaie, la cui perdita globale ammonta a oltre 30 milioni di euro. Un provvedimento preso - ribadisce più volte in una nota il procuratore capo Carlo Mastelloni - per «salvare» le Coop ora in «conclamato stato di decozione» e con un «management inadeguato», e farle ripartire «il giorno stesso».

Il provvedimento dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani è stato notificato ieri attorno alle 12. Indagato per l’accusa di falso in bilancio il presidente del Consiglio di amministrazione Livio Marchetti, che è stato esautorato dalla carica assieme a tutti gli altri componenti lo stesso Cda (questi però non indagati). Nelle stesse ore il Tribunale civile ha nominato amministratore giudiziario l’avvocato Maurizio Consoli. L’incarico di esercizio provvisorio (disposto dal collegio presieduto da Arturo Picciotto e composto da Daniele Venier e Riccardo Merluzzi al quale ha fatto riferimento la procura) si presenta dunque come primo passo di un percorso intrapreso per «sterzare, per imprimere all’impresa una direzione diversa da quella verso lo sfacelo», scrive ancora la Procura. Per far sopravvivere l’impresa in cui lavorano oltre 600 dipendenti e alla quale hanno affidato i propri risparmi decine di migliaia di soci.

È stata disposta anche la sospensione dell’attività del prestito sociale. Da ieri la cassa per ritirare il denaro è stata chiusa. L’udienza davanti al giudice civile è stata fissata per il prossimo lunedì 27.

La decisione dei pm Federico Frezza e Matteo Tripani è stata attivata dagli esiti della consulenza affidata dalla Procura al commercialista Piergiorgio Reiner, incaricato dopo che erano emersi vari sospetti di importanti sofferenze finanziarie, come evidenziato anche dai verbali del Cda di maggio e settembre scorsi in cui si annota la necessità di ricorrere ad aiuti esterni considerate le “necessità di cassa ordinaria” e esplicitamente di “stato di precarietà”.

È emersa una situazione di «totale illiquidità». Casse vuote. Negli ultimi mesi le Cooperative operaie hanno fatto ricorso a due finanziamenti erogati dal Consorzio cooperativo finanziario per lo sviluppo ottenendo un primo prestito ipotecario di 5 milioni di euro consumato per la gestione ordinaria «in pochissimi mesi», sottolinea la Procura, e un secondo finanziamento di altri 3 milioni di euro da destinare anch’essi alle spese correnti. Le Coop hanno dovuto ipotecare l’immobile dell’ipermercato Torri d’Europa e dare in pegno le quote della controllata Folium. Negli ultimi tre anni l’azienda gestita da Livio Marchetti ha perso oltre 20 milioni di euro. A queste si aggiungono le perdite degli ultimi mesi che, secondo la Procura, ammontano a circa 6 milioni di euro.

In questa situazione di dissesto il crac, secondo la Procura, si sarebbe potuto verificare già negli anni passati. Ma, secondo i risultati delle indagini, gli amministratori hanno fatto sponda sul poderoso prestito sociale depositato nelle casse delle Cooperative. Qualche anno fa questa somma aveva raggiunto l’entità di 180 milioni di euro, ma i prelievi crescenti da parte dei soci ne hanno progressivamente eroso l’entità globale arrivando a 103 milioni. Nell’ultimo anno l’entità del prestito sociale si è ridotta di quasi 20 milioni di euro.

Alla situazione finanziaria deteriorata si è aggiunto un altro peso oggettivamente insostenibile. Quello provocato dai debiti scaduti con i fornitori, che ammontano a quasi 11 milioni di euro senza considerare quelli con scadenza inferiore a tre mesi. Una situazione difficile e soprattutto pericolosa. I fornitori potrebbero da un momento all’altro interrompere gli affari con le Cooperative operaie. E in breve gli scaffali si svuoterebbero.

Di qui appunto il provvedimento della Procura. Che indica un percorso per il futuro: «L’avvenuta adozione di drastici provvedimenti prefallimentari da parte dell’autorità giudiziaria ed eventualmente extrafallimentari da parte della pubblica amministrazione» - ovvero la Regione, così citata dalla Procura, «potranno rianimare l’impresa decotta, sollecitare e guidare salvataggi esterni (senza i quali non vi è speranza alcuna) e in tal modo evitare che venga dichiarato il fallimento».

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