Terremoto in Croazia, il presidente Milanović: «A Petrinja i soccorsi senza una catena di comando»
PETRINJA Finite le lacrime, finite le grida di rabbia e dolore, finito il tempo del lutto nazionale e del terrore davanti alle voragini che dall’inferno del sisma sembra vogliano inghiottire il Mondo di mezzo, ora su Petrinja e Sisak si espande una nauseabonda puzza di polemiche, a volte giuste, la maggior parte sterili, mentre chi lavora veramente muore, come il volontario caduto dal tetto che stava smantellando, proprio a Petrinja, ieri mattina.
Tra le lacrime dei vigili del fuoco oramai sfiniti, consolati da qualche soldato sorretto solamente dall’onore dell’uniforme.
A innescare la miccia del tutti contro tutti, tipico in questi frangenti nei Balcani, è stato il presidente della Croazia Zoran Milanović il quale, fresco del sopralluogo fatto nelle aree terremotate ha bombardato il premier e avversario politico Andrej Plenković. Di solito i panni sporchi prima si cerca di lavarli in casa, ma a Milanović (socialdemocratico) non è parso vero di poter infangare Plenković (Hdz, centrodestra). L’occasione? Un’intervista alla tv N1. «Dopo uno o due giorni dal sisma - ha detto Milanović - ho telefonato a Plenković, ma ora sono passati cinque giorni e non vedo nulla. Gli ho detto apertamente: non so perché non sia stato dichiarato lo stato di catastrofe. È anche importante che il denaro degli aiuti possa essere distribuito». «Chi è che lo fa? Il Comando della protezione civile o chi? - si è chiesto il presidente - le persone hanno bisogno di sapere chi è il responsabile. Le persone non possono ordinare contenitori via e-mail, è necessario sapere chi è il responsabile. E nella Banovina ci sono molte zone dove non c'è segnale Internet. Nessun segnale da Majske Poljane a Dvor. Vediamo cosa facciamo ora con il sistema Homeland Security, se funziona o è solo un bel desiderio. Qual è la verticale di comando? Ci sono ambiguità nel sistema e io darei al primo ministro poteri esecutivi in questa situazione». «L'esercito ha dato molto - ha ribadito Milanović che, guarda caso è anche il comandante supremo delle Forze armate croate - ma non tutto può essere basato su un esercito che ha 15.000 soldati professionisti. Le baracche di Petrinja sono state ricostruite per pura fortuna». «Quindi - ha concluso rivolgendosi a Plenković - dai a qualcuno l'autorità di poter compilare gli assegni».
È come se non bastasse la baruffa politica ad allontanare l’attenzione dai concreti bisogni di coloro i quali, a causa del sisma, hanno perso tutto, ci si mettono pure gli scienziati e i ricercatori, sicuramente con ragioni molto più forti. «L'Istituto di geofisiologia ha dispositivi datati 1908. Il governo, spero che senta queste cose», ha detto ieri a Rtl Direkt il sismologo Tomislav Fiket della Facoltà di Scienze di Zagabria, che sta seguendo l'attività sismica in Croazia. Il portale Index.hr ha parlato con il consigliere comunale indipendente di Zagabria Marko Torjanc, il quale ha affermato che ci sono solo nove strumenti sismici in Croazia per osservare il comportamento dinamico della barriera (accelerografo), ma dovrebbero essercene almeno 25. Ha anche menzionato che l'Italia ne ha 9.000 e il Messico 10.000.
Qualcosa non torna, come quelle case a Petrinja ricostruite dopo la guerra Patria dallo Stato con mattoni forati nelle mura portanti. Si sono sgretolate. Come il futuro di chi ci abitava. —
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