Terrapieno di Barcola Dietro la recinzione solo erbacce e degrado

Tanti i progetti di bonifica e riuso nel corso degli anni ma per ora l’area resta inaccessibile e senza futuro
Di Pierpaolo Pitich
Silvano Trieste 07/04/2014 Il terrapieno di Barcola
Silvano Trieste 07/04/2014 Il terrapieno di Barcola

La visuale offerta dall'alto, vale a dire dalla postazione privilegiata di Strada del Friuli, rende già bene l'idea. Ma la sensazione maggiore del degrado del sito la si può percepire una volta giunti all'altezza del semaforo di viale Miramare, all'angolo con via del Boveto. Stiamo parlando dell'area del terrapieno di Barcola, situata all'interno del Porto Vecchio e di proprietà dell'Autorità portuale: zona che confina con una serie di società nautiche e che rimane tuttora inaccessibile, delimitata da reti di protezione alte più di tre metri, ma dove la vegetazione ha preso il sopravvento.

Arbusti ed erbacce hanno invaso l'intera superficie coprendo un po' tutto. Le uniche sagome che si riescono a intravedere all'interno sono quelle dei gradoni in pietra arenaria accatastati ovunque e semi nascosti dal verde: si tratta degli antichi masegni parte della pavimentazione cittadina che, una volta sostituiti, sono stati posizionati “provvisoriamente” nel terrapieno recintato, adibito a magazzino. Ma non si esclude che lì dentro, sia pure ormai non più visibili, siano stati depositati nel tempo materiali di vario genere: dagli scarti edili agli inerti. Va ricordato anche che la Procura anni fa aprì un’inchiesta, ponendo l’area sotto sequestro per un periodo - dopo che erano state individuate tracce di diossina in percentuale ben superiore al consentito. In sostanza quello che doveva essere un deposito temporaneo si sarebbe trasformato in una sorta di discarica a cielo aperto.

Un tratto della recinzione risulta divelto: all'interno spuntano ciotole di cibo per gatti lasciate a terra per quelli che ormai sono diventati gli unici abitanti della zona proibita. Zona che da tempo avrebbe dovuto essere oggetto di bonifica, almeno nelle intenzioni: negli anni è stata ipotizzata una lunga serie di progetti innovativi per la riqualificazione, che prevedevano insediamenti sia di tipo residenziale che commerciale. Per un certo periodo la Camera di commercio puntò a costruirvi il Parco del mare, da ultimo - nell’ambito del progetto per Porto Vecchio poi naufragato - Portocittà mirava a indire un concorso internazionale di architettura per dare un nuovo volto al terreno.

Ma finora non si è mossa foglia. E la situazione viene vissuta con un certo disagio anche dalle stesse società sportive confinanti. «I carotaggi eseguiti finora hanno stabilito che nella nostra concessione demaniale non c'è nessun tipo di inquinamento, almeno fino a cinque metri di profondità», afferma Walter Plossi, presidente Gruppo windsurf del Cral, che conta su una cinquantina di iscritti e che divide la zona con l'altra società sportiva del SurfTeam: «Ma tutto quello che eventualmente si trova nell'area delimitata, che permane tuttora inaccessibile per tutti i soggetti privati, non lo possiamo sapere: voglio precisare che la nostra società usufruisce di un accesso a mare per le pratiche sportive, ma vige comunque in loco il divieto di balneazione».

Poco più in là si trova la società del Club del Gommone, presente nell'area ormai da 25 anni e che ha all'attivo più di 200 soci. «Si tratta di una situazione spiacevole che si protrae da troppi anni - spiega Giorgio Franco, presidente del sodalizio -. Di progetti e di chiacchiere se ne sono sentite parecchie, ma finora non è stato fatto nulla: speriamo davvero che adesso sia la volta buona e che le iniziative di cui si sente parlare trovino attuazione. Sarebbe auspicabile che venisse finalmente messa in atto una riqualificazione globale dell'area: intervento dal quale troverebbero giovamento tutte le società sportive della zona, compresa la nostra».

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