Tentò di uccidere due donne, morto suicida

Fabio Simoncelli l’ha fatta finita in una villetta in provincia di Vicenza, dove si trovava ai domiciliari
Lasorte Trieste 05/12/12 - Muggia, Darsella S.Bartolomeo, Accoltellamento
Lasorte Trieste 05/12/12 - Muggia, Darsella S.Bartolomeo, Accoltellamento

Si è suicidato, Fabio Simoncelli. Il settantenne che nel dicembre del 2012 aveva tentato di uccidere per ragioni economiche due donne, l’ha fatta finita. Un colpo secco alla tempia con una pistola 7.65.

La tragedia è avvenuta di recente in provincia di Vicenza a Valli del Pasubio, come raccontano i giornali del posto, in una villetta dove era ospite da alcuni mesi di un conoscente e dove stava scontando gli arresti domiciliari. Il rimorso, forse, è stato più forte di lui.

Simoncelli, residente a Trieste in via Molino a Vento, aveva cercato di farsi giustizia da solo per due chili d’oro spariti dall’abitazione della matrigna a Muggia. L’aggressione era avvenuta in un’abitazione di Chiampore a pochi metri dal confine, in Darsella San Bartolomeo 22. Dopo una furiosa lotta il settantenne aveva accoltellato Anna Maria Parovel, 69 anni, l’amministratrice di sostegno della matrigna e sorella del suo fratellastro. Prima aveva provato a ucciderla sparandole con una vecchia arma da guerra, una pistola Browning calibro 9, e aveva pure ferito con un coltello anche la figlia dell’amministratrice, Laura Reganzin di 49 anni che si trovava a casa con lei.

Simoncelli, per quella tentata mattanza aveva patteggiato lo scorso anno 4 anni e 6 mesi di pena. A pronunciare la sentenza, in accordo con i difensori Ornella Stradaioli e Giovanni Borgna (raggiunto telefonicamente, quest’ultimo ieri ha confermato il suicidio), era stato il giudice Laura Barresi. A coordinare le indagini, all’epoca, il pm Maddalena Chergia.

Simoncelli si era presentato nel primo pomeriggio di quella giornata di dicembre per sapere dove fosse l’oro che, secondo lui, le due donne avevano nascosto. La lite, furiosa, era cominciata nell’anticamera della villetta di Chiampore. Dalle parole l’uomo era passato presto ai fatti: prima aveva aggredito Laura Reganzin, poi aveva estratto dalla tasca un pugnale da sub ferendola al torace.

Ma la donna era riuscita a liberarsi e a fuggire in strada. L’uomo intanto era andato a cercare la Parovel che, atterrita, si era nascosta in una stanza. Le aveva sparato con una Browing: un colpo, fortunatamente, mancato. Ci aveva poi riprovato con un coltello, con un fendente alla schiena, ma la polizia era riuscito a bloccarlo in tempo prima che, continuando con la sua furia assassina, riuscisse a uccidere. Le due donne, ricoverate a Cattinara, si erano salvate.

Di recente, ora, l’ultimo capitolo della tragedia. (g.s.)

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