Tensione Serbia-Montenegro: i due ambasciatori nel mirino
BELGRADO Basta poco, in una regione dove storia e memoria sono raramente condivise, peraccendere nuove tensioni. È quanto è accaduto tra Serbia e Montenegro, nazioni separatesi con un pacifico referendum nel 2006, ma spesso ancora l’una contro l’altra. È accaduto di nuovo causa una diatriba vecchia cent’anni che ha causato un durissimo scontro a livello diplomatico e profondi contrasti politici prima della ricomposizione che ha iniziato a profilarsi nella serata di ieri.
L’ambasciatore serbo a Podgorica, Vladimir Bozović, è stato dichiarato «persona non grata» dal governo montenegrino uscente, che gli ha chiesto di «lasciare il Montenegro». Podgorica ha accusato Bozović di essersi «ripetutamente e a lungo immischiato negli affari interni» del Paese, da tre anni membro Nato e in pole position per l’adesione alla Ue. La mancanza della feluca serba? Aver parlato a ruota libera in una riunione di rappresentanti della folta minoranza serba in Montenegro, quasi il 30% della popolazione totale, definendo «liberazione» e «frutto della libera volontà» popolare la decisione della “Assemblea di Podgorica”, che nel 1918 diede l’ok all’unificazione tra Serbia e Montenegro a conclusione della Prima guerra mondiale, ha stigmatizzato il ministero degli Esteri montenegrino.
Una severa censura, perché se a Belgrado molti leggono quella decisione come riprova dell’affinità dei due popoli, a Podgorica in tanti considerano quell’atto di più di cent’anni fa come un sopruso. Lo ha ribadito lo stesso ministero degli Esteri, ricordando che due anni fa il Parlamento del Montenegro ha «annullato la decisione» del 1918, che «cancellò la sovranità del Montenegro» spianando la via «all’annessione da parte della Serbia» e alla «detronizzazione del re Nikola Petrovic Njegos», l’altra campana, quella montenegrina. Che ha bacchettato Bozovi ć per avere mostrato «disprezzo» verso il Paese ospitante. Belgrado ha reagito dichiarando a sua volta persona non grata l’ambasciatore montenegrino in Serbia, Tarzan Milosević, intimando di lasciare Belgrado entro oggi.
Forti le ripercussioni politiche: il presidente serbo Aleksandar Vučić ha convocato la premier Ana Brnabić e il ministro degli Esteri, Nikola Selaković per discutere della crisi. Preoccupata la Ue, che ha ricordato che la condizione per l’ingresso in Europa è costruire e mantenere «rapporti di buon vicinato» sinceri e schietti. E non all’insegna della conflittualità, come accade da mesi, in particolare dopo il via libera alla legge sulle libertà religiose, vista da Belgrado e dalla Chiesa serbo-ortodossa come tentativo dello Stato di mettere le mani sui patrimoni di chiese e monasteri, mentre Podgorica ha suggerito mire espansionistiche serbe sul Montenegro.
Ma l’ultima mini-guerra diplomatica è solo il canto del cigno del governo uscente, vicino al presidente Milo Djukanović, grande sconfitto delle elezioni di agosto. Quello nuovo, alla testa Zdravko Krivokapić, dovrebbe ottenere la fiducia questa settimana. E Krivokapić, espressione dell’ex opposizione, nel programma elettorale aveva promesso riappacificazione totale con la Serbia. L’ultimo incidente non dovrebbe scompaginare i piani, ha assicurato lo stesso premier incaricato, «dispiaciuto per l’allontanamento dell’ambasciatore serbo». Belgrado ha risposto ieri sera, aprendo al ritiro - su iniziativa di Vučić - dell'espulsione dell'ambasciatore montenegrino. La premier si è riferita anche alla volontà di Belgrado di non mettere a rischio la stabilità regionale —
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