«Temevo di deludere le aspettative, invece è stato magico. E nel 2019 non escludo Porto vecchio»

La soddisfazione del patron dell’evento Gialuz. «Di noi si è parlato dal Sud Africa all’Olanda. La promozione internazionale ha pagato. Un mio futuro in politica? Per ora non ci penso»

TRIESTE «Avevo timore di deludere le aspettative che avevamo iniziato a creare lo scorso anno. In realtà è stata una Barcolana memorabile con un’atmosfera che non avevo mai respirato in nessuna delle edizioni precedenti». Mitja Gialuz, presidente della Società velica Barcola Grignano, al termine della 50.a edizione confessa di aver vissuto per settimane con l’incubo del fallimento. Invece si è avverato il migliore dei sogni.



Gialuz, domenica scorsa è andata in scena l’edizione dei record. Qual è stato il segreto del successo?

Le chiavi fondamentali sono state due: la promozione internazionale e il coinvolgimento dell’intera città. Della Barcolana 50 si è parlato in tutto il mondo, dal Sud Africa all’Olanda. Questo significa che siamo cresciuti in maniera eccezionale, mantenendo però lo spirito originario dei fondatori della Società velica di Barcola e Grignano e della prima Barcolana: tutti possono partecipare e nessuno deve rimanere escluso. Anche per questo abbiamo voluto portare la Barcolana in periferia e coinvolgere l’intera città: i momenti più emozionanti sono stati la festa nel rione di Melara e il concerto della Calicanto Band al Salone degli Incanti. Credo che davvero tutti - associazioni, teatri, singoli cittadini - si siano sentiti protagonisti e possano dire “c’ero anch’io alla Barcolana 50”.

Cosa invece non ha funzionato?

Nelle prossime settimane faremo un serio de-briefing: in un evento di queste dimensioni qualche sbavatura c’è sempre; però prima vorrei confrontarmi con tutti, come abbiamo sempre fatto, per poi gettare le basi per l’edizione 51.

Un’edizione che potrebbe coinvolgere anche Porto vecchio?

Adesso sarebbe prematuro parlarne; in effetti Barcolana ha bisogno di sempre maggiori spazi, ma il cuore non può che rimanere in piazza Unità. Ragioneremo con Comune e Autorità portuale per capire se ci possono essere altri luoghi di espansione della manifestazione. Questo è stato un anno sicuramente speciale perché c’erano le Frecce Tricolori, la Vespucci, il pattugliatore Gregoretti e il traino del 50.o. Ma si può senz’altro ancora migliorare: quando la città fa squadra può realizzare obiettivi straordinari. Nel futuro prossimo si dovrà lavorare per un’ulteriore crescita internazionale, senza però perdere lo spirito tipicamente triestino che rende la vela, uno sport altrove elitario, accessibile a tutti.

Ad un certo punto avete avuto timori per la sicurezza visto il numero crescente di iscritti e di arrivi?

Per me il momento più critico è stato tra sabato notte e domenica mattina, perché temevo non ci fosse spazio per tutte le barche. In realtà, la scelta di allargare la linea di partenza è stata fondamentale e tutto è andato bene, grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine e all’impeccabile regia della Capitaneria di porto. Quanto all’affluenza a terra, già da mercoledì avevamo intuito che ci sarebbero stati numeri importanti e per questo ci siamo confrontati costantemente e proficuamente con le autorità. Anche da questo punto di vista c’è stato un ottimo lavoro di squadra e, fortunatamente, tutto è andato al meglio.

Da velista invece che Barcolana è stata?

Sicuramente la più bella: una regata aperta. Furio Benussi ed il suo “dream team” non hanno sbagliato nulla, sono stati chirurgici. Dall’altra parte Tempus Fugit ha pagato qualche scelta non perfetta. Poi ci sono le “favole” che solo la Barcolana regala: i ragazzi della squadra agonistica della Svbg che sul J70 Endorfina sono arrivati 382esimi assoluti e gli ultimi che alle 17.15 in bonaccia davanti alla diga vecchia lottavano per arrivare, con entusiasmo e allegria. Sono loro che vanno ringraziati perché senza la loro passione la Barcolana semplicemente non esisterebbe. E poi c’è un altro ringraziamento da fare.

A chi?

A quelli che il comandante Sandro Chersi chiama gli “invisibili”, e che sono la spina dorsale dell’organizzazione. Parlo della squadra di collaboratori che hanno lavorato giorno e notte. Una squadra che è stata fenomenale. È grazie a loro se la Barcolana è diventata quello che è oggi.

Tutti hanno parlato di un futuro in politica di Mitja Gialuz. Il diretto interessato che dice?

Intanto devo riprendermi (sorride, ndr) e poi devo decidere cosa fare a febbraio 2019, quando ci saranno le elezioni per la presidenza della Svbg. Ho appena vinto l’abilitazione a professore di prima fascia e un obiettivo a medio termine è continuare a lavorare per poter concludere il mio percorso professionale. Al momento alla politica non ci penso, e lo dico sul serio. Poi in futuro non lo so, si vedrà.

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