Telecamere in centri diurni e case di riposo
TRIESTE È in arrivo un Grande Fratello “sociale”. Trieste si prepara, in anticipo sulla normativa nazionale, a fare da apripista alle telecamere “socio-assistenziali”. «Inizia un processo di garanzia nell’affidare i nostri ragazzi con disabilità alle strutture con la premessa che nel nostro territorio non sussistono situazioni complicate, anzi, i rapporti tra operatori, familiari e ragazzi sono basati sulla fiducia e sul costante e stretto dialogo quotidiano», mette le mani avanti l’assessore ai Servizi e alle politiche sociali Carlo Grilli che ieri, nel corso della conferenza stampa in cui ha annunciato la nascita del welfare “a circuito chiuso”. «Nessun grande occhio che vigila», insiste Grilli.
A visionare le immagini, su richiesta, potranno essere solo gli organi competenti, la magistratura per esempio. Filmati utili a rassicurare e chiarire nel caso di incidenti di percorso che possono capitare. «Il processo che vuole attivare l’amministrazione con le telecamere è il primo in Regione. Non nasce da nessuna emergenza ma per migliorare la qualità del servizio. È una garanzia in più per tutti. Un processo di fiducia», assicura l’assessore che parla anche in veste di padre di un ragazzo disabile.
La partenza è già calendarizzata. Si parte nel centro diurno di via Weiss, entro 10, al massimo 15 giorni, all’interno dell’ex Opp di San Giovanni, dove ha visto la luce la rivoluzione di Franco Basaglia. Il motivo della scelta? Al centro diurno di via Weiss le telecamere ci sono già e funzionanti, solo che sono spente. «Le abbiamo accese una volta», precisa il direttore del Servizio strutture interventi per la disabilità del Comune, Luigi Leonardi. È il primo passo di un percorso che interesserà, nel giro di un anno, oltre ai centri diurni comunali (quello di Campanelle è il primo della lista), anche le comunità alloggio e in seguito, nel 2017, le restanti strutture residenziali comunali per anziani (Gregoretti, Casa Bartoli, Casa Serena, Centro per l'Anziano e Casa Ralli prossima alla riapertura) e quelle convenzionate. Una trentina di strutture in tutto da dotare di telecamere a circuito chiuso in attesa che il Parlamento (la legge ora è approdata al Senato) definisca le modalità di applicazione.
«Le telecamere saranno un elemento integrativo sui prossimi appalti», aggiunge Grilli. Una scelta di prevenzione. A Trieste non ci sono fatti di cronaca che abbiano spinto l’amministrazione a questa scelta. Nessuna questione sicurezza.
«Il “sistema Trieste” è ormai collaudato - sottolinea Grilli - e l’attivazione delle telecamere, che avviene ovviamente dopo gli opportuni confronti e la condivisione con gli operatori, i familiari e le organizzazioni sindacali, vuole esclusivamente apportare un miglioramento al già qualificato servizio offerto agli utenti e non vuole in alcun modo sostituirsi alle persone e alle buone relazioni tra operatori, genitori e ragazzi. Le telecamere sono un elemento in più». Un concetto che l’assessore ripete più volte. «Pertanto è bene ribadire che non sussiste alcuna situazione di emergenza tanto più in una città che è “modello di eccellenza” a livello nazionale e che per prima, a scopo preventivo, anticipa un servizio in vista dell’imminente legislazione in materia», aggiunge Grilli che, a scanso di equivoci, lancia pure l’hashtag “noi non abbiamo paura delle telecamere”. «Le telecamere - aggiunge Alessandro Grassi, responsabile degli operatori del Centro diurno di via Weiss per la Coop sociale 2001 - non sostituiscono la buona relazione. E non saranno utilizzate dal datore di lavoro. Saranno a circuito chiuso ed esaminabili esclusivamente dalle autorità competenti solo in casi di particolare gravità. È un’ulteriore garanzia che tranquillizza tutti, operatori e familiari, rispetto a episodi che non è mai da escludere possano accadere». Alla fine, come scrisse Orwell, si finisce per amare il Grande Fratello.
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