Teatro Rossetti, Cosolini presidente «Ma soltanto per due mesi»
Roberto Cosolini ha sciolto le riserve. E, confermando le ultime “intenzioni di voto” per la presidenza del Rossetti covate da fine agosto, ha scelto. Se stesso. Ma solo per un po’. «Sessanta giorni, non di più». Giusto il tempo - giura - per lasciare a chi verrà (Francesco Peroni resta il suo inconfessabile favorito, si legga sotto, ndr) uno Stabile regionale con il proprio imprinting. Meglio ancora se già raddrizzato. Finanziariamente. E politicamente.
Il Teatro Stabile dunque - dopo un mese e mezzo di pilota automatico, inserito dall’ex vicecindaco Paris Lippi con le sue dimissioni di fine luglio - è tornato da venerdì, giorno della nomina formale di Cosolini da parte del Cda, a essere guidato da un presidente. Un presidente con un contratto a tempo determinato. Assai breve, non rinnovabile e senza paga. Anche se quella in realtà non la può prendere, per statuto, neanche il più longevo dei presidenti.
Nessuno si sogni tuttavia di chiamarlo precario. Traghettatore, piuttosto. E neppure traghettatore per necessità, bensì per volontà. «Mi pareva giusto - precisa - prendermi del tempo per poter dare poi a quello che sarà il nuovo presidente un mandato chiaro, e con esso dei chiari strumenti per poterlo perseguire». Traghettatore per vocazione, insomma, è il messaggio che fa passare il sindaco, mettendo le mani davanti a chi gli potrebbe obiettare che un mese e mezzo non gli è bastato per scegliere il successore di un Lippi che, peraltro, da ben prima delle dimissioni - lui sì, invece - era ormai un presidente precario.
Cosolini assicura quindi che il suo non è stato un correre ai ripari: ci teneva anche, spiega, che venisse a galla, in questa fase delicata, «un legame con Trieste, come ho voluto per il Verdi. Per il Rossetti non servivano scelte scioccanti come un commissariamento, però andava rimarcato un rapporto che ha da essere tra la città, rappresentata in questo caso dal sindaco, e il teatro». E chissà allora se con questa scelta c’entra quel chiamarsi fuori dalla compagine societaria del Rossetti deciso dalla Provincia di Udine, con tanto di delibera votata dalla sua aula consiliare, proprio nei giorni in cui Lippi se ne andava. Una mossa fatta evidentemente per proclamare che in Friuli la priorità si chiama Giovanni da Udine e che il Friuli se «ne frega», parole di allora del leghista Pietro Fontanini da capo della Provincia di Udine, delle grane finanziarie del Rossetti incarnate dai 300mila euro di rosso con cui s’è chiuso il bilancio 2011.
Tant’è. Cosolini - in questi due mesi di presidenza-ponte - lascia intuire, pur rimanendosene criptico, che intende lavorare per ricucire lo strappo coi cugini friulani. Come? Regionalizzando un po’ di più nel medio e lungo periodo, in un certo senso, la progettualità e l’offerta teatrale del Rossetti. Magari, ma questo il sindaco non lo chiarisce, attraverso possibili future sinergie col Giovanni da Udine. O coinvolgendo, chissà, il Comune del capoluogo friulano, al posto dell’ente provinciale che lì vi ha sede. O, come minimo, scongiurando il dichiararsi guerra tra campanili nel tentativo di strapparsi, senza dividerlo, il sempre più magro bottino dei contributi pubblici. «Prima di procedere alla nomina del nuovo presidente - questo è infatti il sindaco-pensiero - intendo fare un’analisi approfondita della situazione del teatro, delineare un piano strategico per affrontare le difficoltà e infine avviare una serie di contatti con le realtà istituzionali, soci e non, per consolidare la compagine societaria. Va condiviso un progetto per far sì che le motivazioni alla partecipazione societaria, da parte degli altri enti, siano molto forti. Ritengo che il segnale della Provincia di Udine debba essere accolto con preoccupazione. La risposta di Fontanini, cortese, a una mia lettera, accentua un’idea di friulanità culturale. Dobbiamo stare attenti, attenti a evitare frammentazioni. Una riflessione va fatta».
Quindi? «A un teatro - sfiora il punto Cosolini - non può bastare il sentirsi regionale per definizione, deve far percepire di essere un’officina culturale regionale. Bisogna costruire accordi, sinergie, fornire servizi su base regionale». Stop. Di più il presidente a tempo non dice. Per lui, è presumibile, parlerà il successore. Da lui designato.
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