Taxista assassinato, chiusa l’indagine bis

Stretta sulla riapertura del caso Giraldi: ora il giudice dovrà decidere sul rinvio a giudizio di Fiore

È accusato di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi. Ma se ne va in giro libero. È questa la condizione giudiziaria di Antonio Fiore, 41 anni, conosciuto con il soprannome di Anton e ritenuto il colpevole dell’assassinio del tassista Bruno Giraldi, assassinio per il quale Fabio Buosi è stato condannato a 18 anni.

Nello scorso novembre Fiore è uscito dal carcere in forza di un provvedimento del tribunale del Riesame - al quale si era appellato il difensore Giovanna Augusta de’ Manzano - in cui, nero su bianco, i giudici del collegio hanno ribadito la mancanza di prove a suo carico scrivendo che le indagini non avevano fornito «gli elementi sufficienti per pronosticare la condanna dello stesso Fiore».

Adesso i pm Federico Frezza e Lucia Baldovin hanno messo la parola fine alle indagini sull’omicidio commesso nella notte tra il 22 e il 23 novembre del 2003. Lo hanno fatto poche settimane dopo aver tentato invano anche la strada del Dna: quella che avrebbe dovuto essere la prova regina per dimostrare la presunta responsabilità del sospettato, a dodici anni dall’omicidio del tassista, non è servita.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari, depositato dai pm, è un un atto formale che implica la possibilità della richiesta di rinvio a giudizio sulla base delle prove fin qui acquisite ma anche dell’archiviazione. Ma le prove al momento sono costituite sostanzialmente dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 31 anni, ex amico di Fiore. In questi ultimi mesi i pm Federico Frezza e Lucia Baldovin lo hanno interrogato per tre volte. Tante quante i poliziotti e i carabinieri sono andati a prenderlo a Napoli, dove abita, per accompagnarlo a Trieste. Alla fine Forgione ha ceduto. Ha detto: «Ho parlato solo dopo undici anni perché avevo paura. Ora mi sento pulito». Poi Forgione, che fino a qualche anno fa abitava in largo Santorio, ha raccontato delle confidenze avute dall’amico d’infanzia: «Dopo circa due mesi (ndr, dall’omicidio) in un nostro incontro casuale mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?” e poi “Ho ammazzato io quel tassista”. Gli ho chiesto: cos’hai combinato? Fiore ha risposto con un “sì”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire».

Gli investigatori della Mobile e dei carabinieri sono arrivati a Fiore nell’agosto dello scorso anno dopo aver scoperto che la pistola, una Beretta 7,65 dalla matricola abrasa usata per uccidere Giraldi, era proprietà di Anton. Questa indagine era partita già a febbraio, da una perquisizione effettuata dai carabinieri del nucleo investigativo nell’ambito di una storia di droga nella casa di Silvano Schiavon 44 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Ma solo la scorsa estate, grazie agli accertamenti del Ris di Parma, era stato possibile collegare l’arma all’omicidio di Bruno Giraldi. Ora le indagini sono finite.(c.b.)

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