Tassista ucciso, nessuna prova contro Fiore
Antonio Fiore, 42 anni, deve rimanere libero perché non ci sono prove concrete che sia stato lui l’assassino del tassista Bruno Giraldi.
Lo scrivono a chiare lettere i giudici della Cassazione che hanno rigettato il ricorso dei pm Federico Frezza e Lucia Baldovin sulla pronuncia del tribunale del Riesame. I giudici nello scorso novembre avevano liberato Fiore annullando il provvedimento di custodia cautelare in carcere chiesto dai pm. Motivo: non esistono «elementi sufficienti per pronosticare la condanna dello stesso Fiore». E ora anche la Cassazione alla quale si erano subito appellati i pm Frezza e Baldovin ha di fatto confermato la pronuncia del Riesame.
Insomma, come ha ripetutamente sottolineato il difensore, l’avvocato Giovanna Augusta de’ Manzano mancano le prove che Fiore sia stato il complice di Fabio Buosi che è stato l’unico condannato per il fatto di sangue. Buosi nei giorni scorsi ha finito di scontare la pena a 18 anni. Adesso inevitabilmente la decisione della suprema corte mette un’ulteriore ipoteca sugli esiti del giudizio dello stesso Fiore che comunque, seppur libero, è indagato per omicidio volontario del tassista Giraldi.
Le prove a carico di Fiore partono tutte dalle dichiarazioni di Alfonso Forgione, 31 anni, suo ex amico. In questi ultimi mesi i pm Frezza e Baldovin lo hanno interrogato per tre volte. Alla fine Forgione ha ceduto. Ha detto: «Ho parlato solo dopo undici anni perché avevo paura. Ora mi sento pulito».
Poi Forgione, che fino a qualche anno fa abitava in largo Santorio, ha raccontato delle confidenze avute dall’amico d’infanzia: «Dopo circa due mesi (ndr, dall’omicidio) in un nostro incontro casuale mi ha detto testualmente: “Hai visto il telegiornale?” e poi “Ho ammazzato io quel tassista”. Gli ho chiesto: “Cos’hai combinato?”. Fiore ha risposto con un “sì”. Io sono rimasto senza parole, non sapevo che cosa dire».
Gli investigatori della Mobile e dei carabinieri erano arrivati a Fiore nell’agosto dello scorso anno dopo aver scoperto che la pistola, una Beretta 7,65 dalla matricola abrasa usata per uccidere Giraldi, era proprietà proprio di Antonio Fiore noto con il soprannome di Anton.
Questa indagine era partita già a febbraio, da una perquisizione effettuata dai carabinieri del nucleo investigativo nell’ambito di una storia di droga nella casa di Silvano Schiavon, 44 anni, vecchia conoscenza delle forze dell’ordine. Ma solo la scorsa estate, grazie agli accertamenti del Ris di Parma, era stato possibile collegare l’arma all’omicidio di Bruno Giraldi.
Ora tutto è fermo. Le indagini sono tecnicamente chiuse. Nello scorso maggio i pm Frezza e Baldovin hanno depositato la richiesta di rinvio a giudizio di Anton. L’udienza è stata fissata per il 20 ottobre. Intanto Antonio Fiore - accusato di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi - se ne va in giro libero. Porta con sè il provvedimento del Riesame e ora anche quello della Cassazione. Una paginetta in cui alla voce “dispositivo” si legge “rigetta il ricorso”. Più chiaro di così.(c.b.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo