Tarsu "acquatica", salasso per i circoli nautici
I circoli dovranno versare una tassa bis e restituire cinque anni di arretrati. Tra i dirigenti dominano stupore e sconcerto. "Non abbiamo mai sentito nulla di simile", commentano Nicolò de Manzini, dello Yca di Trieste, Ladi Cociani del Circolo della vela di Muggia, e Sergio Lapo, della Svoc di Monfalcone. Salve solo le società in area portuale
TRIESTE
Guai in vista per i circoli nautici della nostra regione, che presto si troveranno faccia a faccia con una nuova ”mazzata”: la Tarsu ”acquatica”. Le società saranno cioè tenute a pagare una maggiorazione della tassa sui rifiuti per lo specchio d’acqua occupato dalle barche. E - mazzata doppia - dovranno versare anche gli arretrati dal 2006 ad oggi. Ma non finisce qui. Oltre al danno, ecco anche la beffa: è previsto un trattamento differenziato a seconda del luogo in cui le società sono insediate. Quelle comprese in aree portuali saranno esenti dal versamento; le altre non avranno invece via di scampo.
LA CASSAZIONE
Basta fare un po’ di telefonate ai dirigenti delle società per rendersi conto che la materia è quasi completamente sconosciuta. Ma così non è per gli uffici Tributi dei Comuni, molti dei quali stanno lavorando per capire come muoversi. Tutto nasce da una sentenza della Corte di Cassazione (la 3829 del 2009) relativa alla tassabilità degli specchi d’acqua dei posti barca. Il contenzioso prendeva le mosse dall’avviso di accertamento per il recupero della Tarsu non versata, notificato da un Comune siciliano a una società nautica.
La querelle, andata avanti a botte di impugnazioni e ricorsi, era finita sul tavolo della Suprema Corte, che aveva stabilito che la società era tenuta a pagare l’esborso contestato, corrispondente, appunto, alla tassa rifiuti ”acquatica”. Al pronunciamento aveva fatto poi seguito un’altra sentenza della Corte, la numero 23583 del 2009, che stabilisce che lo smaltimento dei rifiuti nei porti non compete ai Comuni, e che i concessionari del servizio portuale non devono pagare la Tarsu.
I COMUNI
Incrociando i pronunciamenti della Cassazione con il resto della normativa, esce un quadro che può essere sintetizzato così, come spiega il servizio Tributi del Comune di Trieste: i circoli nautici che già pagano la tassa sui rifuiti al Comune dovranno continuare a farlo, e saranno tenuti a versare una quota aggiuntiva, relativa allo specchio acqueo occupato dalle imbarcazioni, coprendo pure gli arretrati degli ultimi cinque anni.
«Saremo costretti - spiegano dall’ufficio - a chiedere l’importo non versato dal 2006 ad oggi, come imposto dal principio dell’indisponibilità del tributo, altrimenti il Comune sarebbe perseguibile dalla Corte dei Conti per danno erariale. Invece, le società situate all’interno di aree portuali, che non pagano la tassa perché versano direttamente all’Authority il canone di concessione demaniale, non saranno soggette agli esborsi. In questi giorni stiamo effettuando un censimento sulle società, per verificare quali rientrano nelle aree portuali e quali no».
LE DISPARITÀ
Ciò significa che si potrebbe scatenare una guerra della Tarsu tra i circoli nautici: da una parte i ”privilegiati”, esenti dalla ”botta” della tassa (a Trieste dovrebbero essere quasi tutti, visto che il demanio marittimo è gestito dall’Autorità portuale); dall’altra le ”vittime” della tassa: dal monfalconese a Lignano, passando per Grado e il resto della costa.
I CIRCOLI NAUTICI
Tra i dirigenti dominano stupore e sconcerto. «Non abbiamo mai sentito nulla di simile», commentano ad esempio Nicolò de Manzini, dello Yca di Trieste, Ladi Cociani del Circolo della vela di Muggia, e Sergio Lapo, della Svoc di Monfalcone. Paolo Fontanelli, del direttivo del circolo Tavoloni di Monfalcone, invece, ne sa qualcosa: «So che il Comune di San Canzian ha già inviato delle lettere ai suoi circoli, e la cosa mi ha preoccupato. Così ho contattato l’ufficio Tributi del Comune di Monfalcone, che mi ha confermato che la questione esiste e che l’ente sta lavorando per capire come muoversi».
GLI IMPORTI
«Se fossimo costretti a pagare gli arretrati Tarsu - commenta Fontanelli - subiremmo un danno grave. So che in una società delle Marche l’importo ammontava a 40 euro per scafo che, per 5 anni di arretrati, fanno 200 euro. Questa cifra, moltiplicata per tutti i posti barca di un circolo, porterebbe a un esborso di migliaia di euro».
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