«Tanto il formaggio viene buono lo stesso»
UDINE. «Il lavoro si fa sempre come adesso, quando il socio ha il problema devo sistemarlo subito. Quel campione viene annullato e si rifà. Ma deve essere a posto!». Quando si rivolgeva ai propri soci, Renato Zampa usava toni imperativi. L’esempio arriva da un colloquio del 12 novembre 2012: quella sera, parlando con alcuni allevatori, il presidente del Consorzio Cospalat si sofferma a spiegare la strategia adottata per occultare le analisi “sballate”. Contenenti, cioè, livelli di aflotossine M1 superiori ai limiti di legge fissati in 0,050 microgrammi per chilo. «Qui sono due le strade - dice -: o che ognuno si faccia le sue analisi, ma secondo me forse è anche peggio, perchè hai più laboratori e di qualcuno non puoi... fidarti... no?». Ciò che più conta, insomma, è di poter contare sulla complicità dei laboratori di analisi e sulla loro disponibilità a comunicare i risultati fuori norma prima al Consorzio, che non alle autorità sanitarie. Le 167 pagine dell’ordinanza con la quale il gip del tribunale di Udine, Roberto Venditti, ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere per Zampa, degli arresti domiciliari per Stefania Botto, Dragan Stepanovic, Paola Binutti, Gabriella Mainardis e Cinzia Bulfon, e dell’obbligo di dimora per Roberto Alaimo, è piena zeppa di intercettazioni come queste. Per tutti, tranne Alaimo, l’ipotesi di reato è l’associazione per delinquere, finalizzata alla frode in commercio, al commercio di sostanze alimentari nocive e all’adulterazione di sostanze alimentari.
Decisivo, per la ricostruzione accusatoria dei carabinieri del Nas di Udine e del pm Marco Panzeri, titolare dell’inchiesta, il supporto tecnico fornito non soltanto dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche dai Gps posizionati sotto alcuni degli autocarri della Cospalat, per monitorarne gli spostamenti. E verificare così se il latte venduto ai caseifici, dichiarandolo idoneo alla produzione di Montasio Dop, provenisse realmente o no da allevamenti riconosciuti. Un caso su tutti: quello accertato tra il 5 giugno e il 31 luglio 2012 ai danni del caseificio “Toniolo Casearia - Latteria di Selva”, quando, con 9 trasporti, furono consegnate partite per circa 150 chili di latte fresco, falsamente indicato come idoneo al Dop Montasio.
Il 15 novembre, nel pieno dell’emergenza aflatossine, la Binutti, socia de “Il laboratorio sas” di Udine, va da Zampa per comunicargli l’esito di alcune analisi. Di alcune parla come di «un disastro». Nessuno, però - osserva il gip - ritiene di segnalare gli sforamenti all’Ass, con ciò confermando l’ipotesi che il latte contaminato, invece di essere distrutto, venne posto in commercio. Zampa confida a uno degli interlocutori di non avergli telefonato, per il timore di avere il telefono sotto controllo. Non immagina che a essere intercettate sono anche le conversazioni nel suo ufficio. E così, rivolgendosi ai vari soci presenti, riferisce il risultato delle analisi. «La tua - dice a uno degli allevatori - l’ho fatta sparire... perché io ho dato ordine alla latteria... cioè al laboratorio di non man... noi facciamo cento campioni, quelli che non arrivano sono oltre... la roba, capito?».
Il caso del 27 novembre fa storia a sè. Un autista di Cospalat telefona a Stepanovic, suo superiore, e lo informa che un caseificio aveva rifiutato circa 90 quintali di latte prodotto dall’allevamento Bevilacqua, perché contenente antibiotici. «Lo scarico nel silos?», chiede l’autista. «No non no, che nel silos! - risponde Stepanovic -. È da portarlo a Burato tutto quello». Quando, un paio d’ore dopo, il responsabile degli autisti telefonerà Zampa, per avvertirlo del “contrattempo”, questi con altrettanta prontezza gli suggerirà di portare il latte «a Rivarotta», ossia al Caseificio dalla Torre. «Evidentemente - è la conclusione del gip - il caseificio del Burato era noto a entrambi per non creare troppi problemi in caso di consegna di latte non in regola». Dalla latteria di Rivarotta, Zampa riceverà di lì a poco una telefonata nella quale Burato si limiterà a raccomandargli, per il futuro, che «quando ci sono queste roba qua, dovresti avvertirmi prima», e a tranquillizzarlo sul fatto che «il formaggio viene fuori bene lo stesso».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo