Tamburlini: «Al Burlo un lento decadimento causato da scelte miopi»

L’ex direttore scientifico dell’Irccs: «Per anni sono mancati un piano e una visione coerente. Ma le eccellenze ci sono»
Di Gianpaolo Sarti
Silvano Trieste 29/11/2014 Burlo Garofolo
Silvano Trieste 29/11/2014 Burlo Garofolo

«Sono poco loquace ma quando si tratta di Burlo lo divento un po’ di più». Parla con passione Giorgio Tamburlini. Pediatra, direttore scientifico dell’Irccs dal 2004 al 2009, ora è consulente dell’Organizzazione mondiale della Sanità e dell’Unicef per i programmi materno-infantili. Il dibattito innescato in questi giorni sul presente e sul futuro dell’ospedale, dopo quanto emerso dall’inchiesta del giornale, lo chiama in causa: da ex manager dell’istituto conosce a fondo la questione. E porta la sua analisi: «In questi anni è mancata una visione e un piano, ma il Burlo ha molte eccellenza». In regione pesa però un “nonsenso” assistenziale: «Troppe strutture che offrono le stesse prestazioni». Tamburlini immagina un ospedale “veramente regionale”, al centro di un sistema che riconosca le funzioni di specializzazione e ricerca anche ad altre realtà del Fvg.

Che idea si è fatto di questi ultimi anni visti da fuori?

Il Burlo rappresenta una sfida per la sanità regionale. Lo si può prendere in mano con visione e capacità, ottenendo molto. Oppure lo si lascia pian piano decadere, come è stato fatto per troppo tempo.

Cosa va rivisto?

Il Burlo va messo al centro del sistema regionale dei servizi per donne e bambini. Qualcuno potrebbe dire che già è così. Invece, in mancanza di una visione e di un piano coerente, in una regione piccola ci sono troppe altre strutture che offrono le stesse prestazioni del Burlo, senza peraltro, nella gran parte dei casi, la stessa qualità. Questo è un nonsenso assistenziale e uno spreco di risorse.

Ad esempio?

In un territorio con una popolazione di 1 milione e 200 mila abitanti non ha senso che ci siano due cliniche pediatriche universitarie, due oncologie pediatriche e una per adolescenti, un centro di malattie rare a Udine quando la gran parte di queste sono assistite al Burlo. E potrei continuare. Non sto dicendo che tutto va concentrato a Trieste. Ad esempio, le funzioni di alta specializzazione e di ricerca che sono riconosciute al Burlo potrebbero essere riconosciute, in alcuni casi, ad altre strutture del Fvg, sia ospedaliere che territoriali, che già offrono prestazioni e modelli di servizio molto buoni. In pratica, un piano regionale dove la funzione Irccs di ricerca e cura di eccellenza venga riconosciuta a chi sa fare le cose bene, quindi un Burlo veramente regionale che sia al centro del sistema ma incorpori e riconosca anche eccellenze esterne.

Quali sono le eccellenze?

Ci sono diverse eccellenze internazionali, come l’attività pediatrica con la gestione delle patologie complesse, tra le migliori d’Europa, dove il bambino è visto nel suo insieme, cosa non facile da trovare altrove. Una seconda eccellenza è la genetica, con collaborazioni internazionali di assoluto rilievo. Una terza l’assistenza alle gravidanze ad alto rischio, che richiama pazienti da fuori regione, e la fecondazione assistita che offre prestazioni di alto livello non facilmente disponibili nel servizio pubblico. Poi, ancora, c’è il centro di collaborazione con l’Oms. Non è un caso che a fine aprile si terrà a Trieste il convegno europeo sulla salute riproduttiva, organizzato dall’Oms. Sono attività che coniugano assistenza e ricerca, attorno alle quali si possono costruire collaborazioni sia nazionali, in particolare con il Triveneto, sia internazionali, in particolare con i Balcani, e accedere a fondi europei ed extraeuropei. Tra l’altro, tutti questi quattro poli sono attivi nella formazione e nella divulgazione di buone pratiche.

Cosa intende?

Buona parte dei pediatri e degli ostetrici italiani vengono ogni anno a Trieste per imparare. E il Centro dell’Organizzazione mondiale dalla Sanità è punto di riferimento per tutta l’Europa centro-orientale, e non solo, per la valutazione della qualità dei servizi materno-infantili. Certo, si sente parlare del Burlo molto di più in Europa, e in Italia, che in regione.

Lei aveva percepito il declino di questi anni?

Ultimamente sì, un declino in alcuni settori e servizi.

Scelte sbagliate?

Più che un problema di scelte sbagliate, è problema di scelte non fatte. La responsabilità non è solo interna, ma, appunto, della sine cura che l’istituto sembra rappresentare per la regione, come peraltro tutto il settore materno-infantile. Si pensa che va bene così, mentre il mondo cambia e bisogna muoversi se si vuole mantenere l’eccellenza e farne una risorsa. L’istituto deve avere una missione chiara, riconoscibile e riconosciuta e gli operatori devono sentirsi parte di un disegno, valorizzati, piuttosto che mortificati. Si lavora bene se si è parte di un progetto. Anche il trasferimento a Cattinara: si guarda più alla “scatola” che ai contenuti, che vanno definiti in base a un ragionamento sul futuro.

Quale figura dovrebbe andare al vertice dell’ospedale?

Una figura che sappia interpretare un progetto che non sia solo del Burlo, ma di tutto il materno-infantile, che è responsabilità della Regione definire.

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