Tamborini: «Il ragazzo che istigava alla jihad nella trappola di web e proselitismo»

Il procuratore capo del Tribunale per i minori di Trieste sul caso dell’adolescente friulano: «Il problema deriva dalla rete, non dalla religione. I giovani le persone più a rischio»

Trieste, minorenne gestiva chat di propaganda all'Is

TRIESTE. «Il problema deriva dal web, luogo di radicalizzazione, non dalla religione. Se a ciò associa la facilità con cui si ha accesso a determinati contenuti e la dimestichezza che i giovani hanno con le tecnologie, si può comprendere cosa sia accaduto. Ma questo ragazzo, va ripetuto, non stava preparando nulla di concreto. Se avesse posto in essere azioni o la preparazione di azioni, sarebbe stato privato della libertà personale. Ma qui si trattava di proselitismo e lui è finito nella trappola. Può andare regolarmente a scuola e stare con i compagni, non è affatto pericoloso. Tra l’altro è già un anno che è inserito in un progetto di deradicalizzazione e gli abbiamo tolto l’accesso a internet».



All’indomani della maxi indagine sul quindicenne di origini algerine che dalla sua casa in Friuli gestiva chat di propaganda jihadista, il procuratore Capo del Tribunale per i Minorenni di Trieste, Leonardo Tamborini, porta la sua analisi sull’intera inchiesta. Un’indagine che il magistrato ha coordinato personalmente.

Minorenne che istigava alla Jihad in chat, Polizia Postale Trieste: "Così l'abbiamo individuato"


Procuratore, che idea si è fatto di tutta questa vicenda e dello scalpore che ha sollevato?

Innanzitutto va ribadita una cosa: il ragazzo non aveva in programma di agire personalmente. L’indagine ha dimostrato che il suo ruolo era quello di diffusione di messaggi di propaganda dell’Isis su internet e di gestione delle chat.

Ma come è nato il sospetto su quel quindicenne di origini algerine?

Da internet. Sono stati individuati i soggetti che agiscono in determinati canali e si è arrivati a lui. Sinceramente non ci si aspettava che fosse così giovane.



Internet, dunque, è un luogo di radicalizzazione?

I luoghi di radicalizzazione sono il carcere e il web. Il carcere non riguarda i minori perché non ci vanno; internet invece li riguarda: perché i giovani sono abili e sono abituati a frequentare siti e programmi. E poi hanno una personalità in costruzione e quindi sono vulnerabili. Quindi questo adolescente va considerato non solo come indagato ma anche come vittima, perché è caduto nella trappola del proselitismo. Il problema deriva dal web, non dalla religione.

Minorenne istigava alla guerra jihadista sui social network


Possiamo parlare di un soggetto pericoloso?

La sua condotta era pericolosa perché facendo proselitismo richiamava altre persone. Se avesse posto in essere azioni o la preparazione di azioni, sarebbe stato privato della libertà personale. Ma qui si trattava di proselitismo e basta.

Di cosa era attratto questo ragazzo?

Facciamo attenzione a una cosa: l’Isis è molto abile e cura molto la propaganda online. I messaggi sono curati dal punto di vista tecnico e psicologico. Quindi hanno una certa capacità di persuasione soprattutto tra i più giovani. Sono proprio loro i più a rischio, tanto più i minori. Anche perché gestire canali e chat è più semplice per un quindicenne, che con il web c’è nato, che per un cinquantenne.

E ora cosa succede?

L’intenzione è aiutare il minore a uscire da questo condizionamento. Il quindicenne, pur conducendo un vita normale, aveva sviluppato una dipendenza. Passava ore a occuparsi della propaganda, di chat, video e messaggi. E lo faceva da tanto tempo. La prima cosa che abbiamo fatto è stato staccarlo da internet.

Ha possibilità di recupero pieno?

Certamente. Questo è l’orientamento della giustizia minorile. L’obiettivo non è il processo e la condanna, ma il recupero.

C’è chi dice che questo ragazzo non debba stare a scuola perché è pericoloso per i compagni. Come risponde?

Un giovane che fa proselitismo è più pericoloso per la società in generale che per la singola scuola. Inoltre lui non aveva intenzione di fare attività diretta, quindi non è pericoloso per i vicini, i compagni e i familiari. Il rischio che rappresentava era sulla rete perché diffondeva contenuti dell’Isis. Comunque è già da un anno che il quindicenne è inserito in un percorso di deradicalizzazione: è stato avvicinato ad attività sane e di maggior soddisfazione per un adolescente.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Il Piccolo