Tamaro: "Tabù caduti da tempo, ai bimbi non servono le nostre lezioni"

La scrittrice triestina interviene sul caso del Gioco del rispetto in un lungo articolo sul Corriere della sera: "In tempi in cui Samantha Cristoforetti ci parla dallo spazio l'idea che i bambini abbiano bisogno di essere edotti in queste manifestazione spontaneee dell'età ha qualcosa di deprimente"
La scrittrice Susanna Tamaro
La scrittrice Susanna Tamaro

«Abbiamo davvero bisogno, mi chiedo, di un programma che insegni ai bambini le gioie del travestimento e alle bambine che possano aspirare a fare mestieri da uomini, in tempi in cui Samantha Cristoforetti ci parla dallo spazio? Il tabù delle professioni solo maschili è caduto ormai da tempo nella nostra società», «l’idea che i bambini abbiano bisogno di essere edotti in queste manifestazioni spontanee dell’età ha per me qualcosa di deprimente, perché sottovaluta la libertà e la creatività che c’è in ogni essere umano, specie se è piccolo».

Così la scrittrice Susanna Tamaro in un lungo articolo sul Corriere della Sera interviene nel dibattito accesosi a Trieste tra genitori e istituzioni per l’introduzione negli asili del «Gioco del rispetto», il laboratorio didattico «volto all’abbattimento di quegli stereotipi sociali che imprigionano maschi e femmine in ruoli che nulla hanno a che vedere con la loro natura».

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«Mi interrogo sempre sulla centralità che ha preso nella nostra cultura l’urgenza di definire - fin dalla più tenera età - quella che sarà la nostra identità sessuale adulta» prosegue la scrittrice, lesbica dichiarata. «Da sempre, i bambini sperimentano tra di loro - protetti da qualche frasca o dall’ombra rassicurante di un letto - quelle che saranno le potenzialità dei loro corpi, lontano dagli sguardi indiscreti degli adulti. È un tempo di scoperta che esige la separazione dal mondo adulto. L’esplorazione del proprio corpo e di quello degli altri è un’attività che è sempre esistita, e che sempre esisterà», «con l’entrata nella nostra società del mito dell’educazione sessuale come panacea di tutti i mali, i riflettori sono costantemente puntati su qualcosa che, a mio avviso, dovrebbe restare felicemente nella penombra. Viene il sospetto che tutto questo febbrile desiderio di spingere i nostri ragazzi a conoscere la nomenclatura delle parti intime, il loro uso, declinato in infinite e variegate possibilità, sia in realtà collegato all’inarrestabile declino di quella che una volta veniva chiamata educazione. Non essendoci più l’educazione, non ci rimane che quella sessuale».

 

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