Svuotano una vecchia granata, strage sfiorata VIDEO

Due "recuperanti" denunciati dalla polizia. Indagini scaturite dopo un misterioso botto udito nel dicembre del 2015
I frammenti dell'ordigno bellico
I frammenti dell'ordigno bellico

GORIZIA. Fu l’esplosione di un vero e proprio ordigno bellico, e precisamente di una granata della Seconda guerra mondiale, a provocare il 10 dicembre scorso il fortissimo boato che scosse l’area industriale di Gorizia e che venne udito distintamente in varie zone della città, anche molto distanti, sino a Lucinico. Per quella deflagrazione sono state denunciate alcune persone, tutti goriziani, che in base a una specifica legge del 1967 che disciplina il possesso di armi rischiano una pena fino a 8 anni di carcere.

L’esplosione avvenne a causa di un maldestro tentativo di svuotare una granata d’artiglieria di tipo detonante dell’esplosivo in essa contenuto (verosimilmente 4-6 chili di tritolo) per poi immettere il bossolo del proiettile, una volta lucidato a dovere, sul fiorente mercato dei residuati bellici alimentato da numerosi collezionisti.

Un’operazione, quella dello svuotamento della granata, che le persone denunciate (la polizia non ha voluto rivelarne il numero) avevano compiuto altre decine di volte. Nella baracca situata in un terreno preso in affitto e adiacente allo stabilimento di via Gregorcic della Coveme gli inquirenti hanno trovato una settantina di proietti già resi inoffensivi assieme a molti altri vecchi ordigni ancora da trattare.

Il 10 dicembre, però, le cose non andarono come questi appassionati di residuati bellici pensavano. Sicuri di sé, avevano agito come sempre. Dopo aver staccato l’ogiva dal bossolo utilizzando una “flex” (procedimento già di per sè rischiosissimo) la granata era stata collocata sul fondo di un bidone da 200 litri del diametro di 60 centimetri e alto 86, utilizzato nella seconda guerra mondiale per contenere carburante.

Gorizia: fatto esplodere un residuato bellico sequestrato

Il fusto era stato quindi riempito con ramaglie ed era stato appiccato il fuoco al fine di consumare, lentamente, tutto l’esplosivo. La combustione, in quella occasione portò però a un elevato innalzamento della temperatura che provocò la deflagrazione. Pesanti schegge, alcune anche di due chili, volarono via finendo anche 300 metri di distanza. Solo per un caso le persone che avevano compiuto l’operazione non rimasero investite dai frammenti metallici. Si trovavano, infatti, dietro il cono dell’esplosione.

Schegge vennero trovate sul tetto dello stabilimento Coveme, altre, come potenti lame, avevano tranciato di netto i rami di alcuni alberi e altre ancora avevano colpito un container che si trovava nella zona riducendolo a un colabrodo. Un’altra scheggia, infine, cadde sul tetto di una vettura che un residente di via Natisone stava parcheggiando davanti casa. Raccolto il frammento la sera stessa si era recato in questura raccontando l’accaduto.

Ma già da subito, appena udito il boato, in città era scattato una sorta di allarme collettivo. Il centralino dei vigili del fuoco venne tempestato di chiamate provenienti da ogni parte della città. Gli interlocutori raccontavano di aver udito un fortissimo boato. I mezzi dei pompieri, ma anche alcune ambulanze, percorsero Gorizia in lungo e in largo finché giunsero segnalazioni di una alta colonna di fumo che nonostante il buio era stata vista salire dalla zona industriale.

Ed è li che conversero i mezzi dei vigili e del 118. Si constatò, fortunatamente, che nessuno aveva riportato danni e che gli edifici erano integri. Tra le cause ipotizzate, per dare una spiegazione all’accaduto, venne considerata anche quella dello scoppio di un grosso petardo, ovvero una bomba carta, vista la prossimità con le festività natalizie. Insomma, una ragazzata.

Ma gli uomini della Squadra mobile non credettero a una simile possibilità e vollero vederci chiaro. Il giorno dopo vennero effettuati alcuni sopralluoghi. Fu così che vennero notati i rami mozzati degli alberi. Alcuni operai della Coveme trovarono conficcata sul tetto dello stabilimento una barra metallica del peso di oltre due chili. Venne sequestra l’area nei pressi della fabbrica al fine di sviluppare ulteriori indagini, che proseguirono con il supporto degli esperti artificieri del Terzo reggimento Genio Guastatori di Udine della Brigata Pozzuolo del Friuli.

 

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