Svuota il conto da 90mila euro dell'amico tra cene e viaggi: a processo a Trieste
TRIESTE Viaggi a Cortina, pranzi, cene, quadri, orologi e pezzi d’antiquariato. L’elenco è lungo, da far svuotare le tasche: calcolatrice alla mano, sono ben 90mila euro in tutto. L’uomo che si sarebbe approfittato di un cinquantatreenne, conosciuto alle serali, è un triestino di 46 anni. Si chiama Massimiliano Zanardo: avrebbe usato l’amicizia con il vecchio compagno di scuola come il proprio bancomat personale. Secondo il pm Antonio Miggiani, il magistrato che ha aperto il fascicolo per circonvenzione di incapace, l’indagato avrebbe fatto leva sulle gravi condizioni di fragilità psichica, sui problemi di personalità, depressione cronica e disturbo ossessivo di cui l’amico soffre. Una persona sola, emarginata, evidentemente facile da circuire. Nell’udienza preliminare di ieri, dinnanzi al gup Luigi Dainotti, l’accusato è stato rinviato a giudizio. Si discuterà tutto a processo, ma tra un anno.
Tutto è cominciato nel gennaio 2015 e si è protratto fino al novembre successivo. Zanardo ha iniziato convincendo la sua vittima a consegnargli ben 14mila euro per comprare assieme un violino da restaurare, il cui valore effettivo però non superava i mille. Così a gennaio. Due mesi dopo si passa ai dipinti. L’ “amico” ha sborsato 2 mila euro, quando invece ne sarebbero bastati 3.600. Nonostante gli accordi, secondo cui i soldi sarebbero dovuti essere restituiti e la merce rivenduta, Zanardi si sarebbe tenuto tutto per sé. Riuscendo poi, stando al magistrato che ha indagato, a spillare altri 36.500 euro grazie a una serie di prelievi al bancomat. Una cifra, questa, quantificata nell’arco di sei mesi (da gennaio a giugno 2015). In due giorni, dal 30 al 31 marzo, risultano inoltre prelevati in banca altri 11mila euro. Non bastasse, la vittima veniva invitata a sborsare continue somme di denaro per pagare pranzi e cene con i familiari. Così pure per gli alloggi a Cortina. Ma Zanardo, attorno ad aprile, avrebbe usufruito anche di una tessera Postepay a nome del suo conoscente, ricaricata di continuo fino a raggiungere i 14.900 euro. Tutta utilizzata dal presunto truffatore. Che, per giunta, ad agosto dello stesso anno, in qualche modo - secondo la ricostruzione dell’accusa - si appropria pure del bancomat dell’altro. I 6.880 euro rimasti sul conto spariscono di colpo.
Per il pm Miggiani non ci sono molti dubbi: Zanardo ha architettato un grande imbroglio abusando della condizione di fragilità della sua preda. «A mio avviso - obbietta l’avvocato Federico Stricca, che difende l’imputato - la circonvenzione di incapace non sussiste. Lo faremo valere nel dibattimento: i due erano in affari. Anzi, si ritiene che la presunta vittima volesse collaborare con Zanardo. Non si ritiene che ci fosse un abuso da parte del mio assistito dell’asserita fragilità dell’altro».
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