Svolte digitali, data science e mode “virali”: ecco i fari da seguire dopo la tempesta
Le ricadute della crisi globale sul mondo del fashion, dell’alta formazione e dei traffici portuali al centro secondo forum organizzato da Piccolo ed Esof2020. Punto d’approdo finale la consapevolezza del nuovo ruolo di governi ed enti pubblici
TRIESTE. Il coronavirus segna uno spartiacque nella nostra epoca. Il mondo che seguirà per certi versi accelera tendenze in atto da decenni, l’impatto delle tecnologie digitali sulla società, il ruolo dei big data, il ritrovato protagonismo del politico nella gestione della società. Al contempo impone discontinuità perché, come dice il presidente del Porto Zeno D’Agostino: «L’ha natura ci ha dato una lezione su chi comanda al mondo e se non lo capiamo ne riceveremo altre».
Dopo la tempesta: come superare la crisi Covid19. Forum con Franchin, D'Agostino, Di Lenarda e Rozza
Offre una panoramica a tutto campo del futuro la seconda puntata di “Dopo la tempesta”, il forum telematico organizzato da Il Piccolo e da Esof2020. Moderati dal direttore Enrico Grazioli e dal vicedirettore Alberto Bollis, sono intervenuti il rettore dell’ateneo di Trieste Roberto Di Lenarda, il matematico della Sissa e membro di Esof Gianluigi Rozza, la fondatrice di Its Barbara Franchin, oltre al già citato D’Agostino.
«Il coronavirus definisce un ante e un post» per la moda come per tutto il resto, dice Franchin: «Le atmosfere precedenti alla crisi ci appariranno estranee, basti pensare alla connotazione positiva che davamo a termini come virale o influencer. Oggi si usano termini bellici ma i soldati sono quelli che lavorano in prima linea negli ospedali. La parte più difficile per la società sarà quella che ci aspetta dopo». In questo contesto «Its non ha mollato un secondo, e si è adattato. Il nostro gruppo è abituato a risolvere problemi da sempre e questo ha facilitato le cose. Ora lavoriamo a trasformare l’evento secondo modalità nuove. La scommessa è trovare i format giusti, è così per la moda come per la cultura nel suo insieme, gli eventi, i musei».
In questi anni la moda ha confermato la sua capacità di “preveggenza” delle tendenze future, spiega Fantin: «Il tema del mascheramento, della protezione, ricorre nelle sfilate da almeno 15 anni. I ragazzi del Sudest asiatico lo sentono bene, d’altra parte loro hanno già vissuto la Sars in modo significativo. Oggi la mascherina diventerà le nuove sneakers, per quanto mi addolori vedere la velocità con cui sono comparsi esemplari griffati. I nostri ragazzi in questo sono stati preveggenti».
Per il rettore Di Lenarda la prima preoccupazione è il futuro immediato. «Bisogna tenere alta la guardia, perché sta passando il concetto che il peggio è passato. Dipenderà dai nostri comportamenti. Ci troveremo comunque a gestire le drammatiche conseguenze economiche e sociali della crisi, speriamo di non dover gestire anche la recrudescenza del virus». Ma c’è anche del buono in questo tempo: «Credo e spero sia superata la deriva antiscientifica che ha fatto molti danni negli ultimi anni. È ora inequivocabile che le iniziative vanno prese sulla base di dati scientifici, pur sapendo che la scienza è fallibile e che tante cose non le sappiamo. In un evento di 2 anni fa ci trovammo in venti ricercatori a confronto con 2 mila No Vax. Spero che da ora in poi i numeri saranno all’opposto».
Per Rozza la crisi è un banco di prova: «Enti come la Sissa o UniTs hanno dovuto mettere in piedi da un giorno all’altro un “gemello digitale” che consentisse corsi, esami, lauree. Questa crisi ha accelerato trasformazioni digitali importanti, che ora bisognerà applicare anche alla ricerca sperimentale, che è stata interrotta. Spero che in futuro saremo più pronti a rispondere: davanti al coronavirus la scienza non era pronta, e le trasformazioni digitali non hanno sostituito servizi e processi di produzione. La sola attività virtuale non è sostenibile all’infinito».
D’Agostino parte dalla situazione del porto, che ha continuato a lavorare: «Il rapporto con la Cina ci ha portato a non sottovalutare il coronavirus. La prima riunione sul tema si è svolta il 3 febbraio, quando ancora gli altri porti europei non si erano posti il problema. L’epidemia ci ha trovati pronti, con protocolli definiti e uno stock di mascherine ottenute con i nostri contatti in Cina e Turchia, sicché finora non abbiamo avuto contagi. I traffici container tengono, abbiamo avuto - 8% a marzo e - 6-7% ad aprile. Vedremo se l’onda lunga del lockdown europeo, nostro mercato di riferimento, si rifletterà in seguito».
Secondo il presidente del Porto «la natura ci ha spiegato chi comanda. Se non lo si è capito, lo capiremo con qualche lezione successiva». Il mondo di poi, quindi, «non dovrà essere un ritorno a prima»: «Il coronavirus fa dei danni, ma la crisi ha avuto risvolti ambientali, di sostenibilità, di pratiche di lavoro rispetto ai quali non dovremo tornare indietro».
Di Lenarda rileva come «ci sia un dato oggettivo di dimezzamento degli infarti. In parte la gente temeva di andare al pronto soccorso, ma ci sono dati epidemologici forti del fatto che mangiare bene, ridurre lo stress ha contribuito a diminuire quel tipo di patologia. Così come abbiamo risparmiato qualche migliaio di morti stradali. Sono temi a cui dobbiamo pensare».
Il mondo dell’università, prosegue, ha affrontato la transizione «senza effetti collaterali amministrativi»: «Dopo due settimane il 98% dei corsi era online. Non possiamo pensare però che gli atenei possano diventare telematici. C’è un aspetto di incontro personale che non può venir meno. Al contempo la sfida tecnologica pone problemi nuovi, come la disponibilità di risorse informatiche fra gli studenti. Altro punto su cui soffermarsi, così come il fatto che l’anno prossimo avremo molte più famiglie di studenti in difficoltà economica».
Da matematico Rozza vede nell’uso dei numeri di questi mesi criticità e potenzialità del futuro: «Se ne fa un uso che a me a tratti disturba. Certo è che il futuro non potrà prescindere dalla data science, su cui il nostro territorio è da tempo all’avanguardia. I dati saranno il carburante dei modelli che creeranno le informazioni per cui le attività di tutti i sistemi, dalla portualità alla moda».
Punto finale, la predominanza del pubblico: «L’amministrazione pubblica è di nuovo un fattore fondamentale - dice D’Agostino -, come dimostra il nuovo protagonismo di grandi uomini politici sui media, da Trump a Xi Jinping. Da prima del coronavirus siamo entrati in un’epoca di grandi choc, penso alla guerra dei dazi, e il soggetto privato non ha spalle così larghe da attutirne l’impatto e pianificare quel che viene dopo. Il pubblico ha un ruolo più importante che in passato, in altre parti del mondo lo si è capito, spero che lo capiremo anche in Italia e in Europa. Ne consegue la necessità di pubblici amministratori all’altezza. Lo scrivono da tempo autori come Parag Khanna: a prescindere dal Covid, da tempo siamo in una nuova era». —
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