Sventò la rapina in banca, dovrà risarcire il bandito

La guardia giurata triestina Marco Dogvan ferì il malvivente: il giudice lo ha condannato a rifondere 10mila euro per lesioni colpose
Di Giorgio Cecchetti

La 39enne guardia giurata triestina Marco Dogvan, che il 28 giugno 2004 sventò una rapina all’agenzia Unicredit di via Fausta al Cavallino sparando ben quattro colpi, non voleva uccidere e neppure colpire i banditi, ma semplicemente sventare il «colpo». Questo ritiene il giudice veneziano Antonio Liguori, che ieri lo ha condannato a un anno di reclusione, ma non per tentato omicidio, come sosteneva l’accusa, bensì per lesioni colpose. Il vigilante, però, dovrà risarcire il rapinatore centrato da uno dei quattro colpi da lui sparati, il vicentino Giorgio Azzolin che con l’avvocato Lucio Zarantonello si era costituito parte civile: Dogvan dovrà sborsare - ha sempre stabilito il magistrato veneziano - diecimila euro per i danni subiti dalla parte lesa.

Il pubblico ministero Paola Tonini aveva chiesto una condanna a quattro anni per tentato omicidio, mentre il difensore, l’avvocato Maria Giulia Turchetto, si era battuta per l’assoluzione e in via secondaria per la derubricazione del reato in lesioni, così come poi è avvenuto. In realtà, inizialmente la stessa Procura aveva contestato l’accusa di lesioni, ma il giudice monocratico Barbara Lancieri, dopo aver ascoltato in aula alcuni testimoni, aveva trasmesso nuovamente alla Procura gli atti perché procedesse per tentato omicidio.

Secondo il magistrato, Dogvan, che quando aveva sparato non era in servizio ma si trovava in banca per un prelievo di denaro, aveva sventato la rapina sparando con la sua calibro 9 uno dei colpi in faccia ad Azzolin e lo avrebbe fatto ad una distanza di dieci metri mentre i banditi erano già in fuga. La perizia balistica eseguita dai carabinieri del Ris di Parma e chiesta dall’avvocato Maria Giulia Turchetto aveva stabilito che tre dei colpi avevano centrato il motore dell’automobile con la quale i rapinatori stavano fuggendo, mentre il quarto aveva colpito un finestrino, finendo poi sul viso di Azzolin. Non era stato dimostrato, dunque, che quel quarto proiettile era stato sparato per colpire la faccia, ma poteva essere finito sul volto del bandito a causa di un rimbalzo. È anche sulla base di questa perizia che il giudice Liguori ha condannato Dogvan non per tentato omicidio, bensì per il meno grave reato di lesioni colpose.

L’intervento del triestino Marco Dogvan, quel giorno di giugno di oltre otto anni or sono, aveva permesso non soltanto di sventare il «colpo» in banca, all’agenzia Unicredit di via Fausta al Cavallino, ma anche di arrestare subito il ferito, il vicentino Azzolin, e pure un altro complice, il pordenonese Mauro Prata. Un mese dopo era finito in manette il bellunese Roberto Gobbo e, infine, a quasi un anno dalla rapina fallita il veneziano Lorenzo Visconti. Tutti accusati di aver partecipato all’assalto al Cavallino.

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