Svelato il progetto: una struttura a esagoni per la stazione della cabinovia di Trieste

Presentato il progetto dell’edificio in Porto Vecchio al quale Massimiliano e Doriana Fuksas stanno lavorando

Giovanni Tomasin
Il rendering dell'entrata della stazione della cabinovia di Trieste (Studio Fuksas)
Il rendering dell'entrata della stazione della cabinovia di Trieste (Studio Fuksas)

TRIESTE. Una sottile struttura di esagoni in alluminio collocata nel mezzo di un parco verde laddove oggi sorge il parcheggio del Molo IV. È la prima immagine del progetto per la stazione di testa della cabinovia di Trieste, cui gli architetti Doriana e Massimiliano Fuksas stanno lavorando e che è stata presentata giovedì 23 giugno a due passi, nella sala conferenze del molo, durante l’edizione triestina dell’Alfabeto del futuro, il progetto itinerante promosso da La Stampa e quotidiani del gruppo Gnn. A dialogare con i coniugi Fuksas il direttore de La Stampa e direttore editoriale dei quotidiani Gnn, Massimo Giannini.

In sala esponenti istituzionali e delle categorie cittadine, con il sindaco Roberto Dipiazza in prima fila. Le caratteristiche della struttura sono state presentate da Doriana Fuksas: l’edificio immaginato dagli architetti è fatto di materiali locali, come la pietra d’Aurisina, e riciclabili, come l’alluminio che rivestirà l’esterno. La forma esagonale è stata scelta dai Fuksas perché riprende, sdoppiandole come in uno specchio, la forma delle gru storiche del Porto vecchio: la disposizione dei lati dell’esagono dovrebbe far sì che l’alluminio lucido rifletta il verde del futuro bosco urbano e il blu del cielo.

«La stazione è piccolissima – ha spiegato Doriana Fuksas – circa 2 mila metri quadrati sui 617 mila del Porto vecchio».

L’architetta ritiene che l’opera a Trieste non sia da considerarsi d’impatto eccessivo: «Rispetto ad altre città italiane o europee, 4 chilometri e mezzo è un percorso molto breve, quasi ridicolo rispetto a Lisbona, Londra, Barcellona. Ormai da anni ci sono cabinovie che funzionano perfettamente, portano i turisti in città. Quella di Londra è in grado di portare 2500 persone ogni ora. Questo ovviamente non è il caso di Trieste, però contribuisce ad alleviare il problema dell’inquinamento. Servirebbe anche a Roma per questo». Il disegno è nato, ha spiegato ancora, «facendo un’analisi del luogo, a partire da quello che c’era, un porto austroungarico eccezionale».

L’edificio avrà una copertura di pannelli fotovoltaici che, ha spiegato invece l’architetto Massimiliano Fuksas, rientrano in un aspetto portante del progetto, l’ecosostenibilità: «Gli edifici da adesso in poi non devono più consumare, ma produrre energia».

L’edificio così com’è stato presentato non sarà più collocato fra i primi due magazzini del viale interno del Porto vecchio, ma immediatamente all’esterno, in sostanza dove oggi vediamo la distesa d’auto del Molo IV. Nelle intenzioni del Comune, infatti, il magazzino minore dell’attuale dovrebbe diventare un parcheggio, andando quindi a sostituire il parcheggio odierno, rimpiazzato da un parco e dalla stazione Fuksas. «Noi abbiamo ipotizzato che questo progetto sia annegato nel verde», ha spiegato Fuksas.

Le resistenze all’opera, ha considerato l’architetto conversando con Giannini, hanno anche a che fare con il rapporto contemporaneo dell’Italia con il territorio: «Non è facile introdurre un elemento di novità in un tessuto consolidato come quello italiano, come anche in Francia e in parte in Spagna. La storia delle grandi città italiane è stratificata, la città si costruiva sulla città. Oggi invece si pensa che non si debba più farlo. Dal treno Roma-Milano si vede una quantità enorme di casupole più o meno abusive. Fra Trieste e Torino sembra una città lineare compatta in cui le zone verdi si riducono al minimo». L’errore, quindi, secondo Fuksas «è stato permettere una serie di cose su cui si è poi fatto tabula rasa». Consmando lo spazio fuorid dalle città «abbiamo creato un problema enorme, e ora preferiamo non costruire che costruire qualunque cosa» d’urbano.

In proposito, sedevano in sala diversi esponenti del comitato “No ovovia”, come altre voci critiche dell’opera. Tra questi il presidente di Legambiente Andrea Wehrenpfennig: «Il comitato di Barcola ha inviato all’architetto il dossier elettronico che abbiamo preparato, lui non l’ha letto o finge di non averlo visto. Ha parlato di tutelare il verde, allora ci pensi. I problemi ambientali ci sono, a partire dal taglio del bosco Bovedo. Quanto al progetto, lo valuteremo come Comitato». L’architetto Roberto Barocchi di Triestebella ha detto: «Operazione di sartoria che non risolverebbe né il problema paesaggistico né quello funzionale». In alternativa si propone il ricorso al tram. In ogni caso, ha dichiarato Fuksas in chiusura d’intervento, «le critiche servono e fanno molto bene».

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