Sveglia alle 3 del mattino e una vita alla rovescia «Ma quanto fascino c’è nel fare questo mestiere»

Tanti sacrifici tra orari impossibili, burocrazia e aspetti economici Marco Visintin: «Il prezzo non può avere il ricarico di una torta» 
Bumbaca Gorizia 30.01.2020 Panificio Visintin © Foto Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 30.01.2020 Panificio Visintin © Foto Pierluigi Bumbaca

il personaggio

Fare il pane è qualcosa di più di un semplice mestiere. Visti sacrifici, orari, impegno fisico e dedizione, verrebbe quasi da pensare ad una sorta di “missione”. E vista la maestria necessaria, quel rapporto non solo scientifico e chimico con le farine e l’acqua, le miscele e gli ingredienti, ma quasi spirituale, si potrebbe anche parlare non del tutto a torto di vera e propria arte.

Quel che è certo è che se i fornai e i panettieri sono sempre di meno, a Gorizia – ma non solo – è sia per le crescenti difficoltà a stare al passo con il mercato e le sue leggi spietate, sia per lo stile di vita particolare che intraprendere la strada del pane richiede. «Certo è una vita di sacrificio, anche se questo lavoro ha un fascino unico – racconta Marco Visintin della Pasticceria panificio Centrale –. Ci si sveglia anche alle 3 del mattino per poi proseguire a lavorare almeno fino alle 11. Chi lo fa da dipendente, poi ha finito la sua giornata, anche se inevitabilmente vivrà con ritmi e stili di vita molto diversi da quasi tutti gli altri. Ma chi da solo deve occuparsi di tutta la gestione del panificio o della pasticceria, una volta chiuso il forno deve appena iniziare a badare alla distribuzione, alla vendita, e a tutte le incombenze burocratiche e amministrative che sono sempre più pressanti. Io stesso, ad esempio, senza tutti i miei collaboratori e una struttura ormai collaudata, non potrei farcela».

Peraltro al giorno d’oggi sembra non esserci più una vera “cultura del pane”, e anche i giovani che si avvicinano al mondo della panificazione, lo fanno affascinati per lo più dalla pasticceria. «Per certi versi è comprensibile, per tanti motivi – dice ancora Visintin –. Al di là dell’immagine del pasticcere restituita oggi da tanti format televisivi, c’è da dire anche che la pasticceria è più redditizia, perché a parità di costo orario tra un fornaio e un pasticcere, il pane lo devi vendere a un costo notevolmente più basso rispetto a una pasta o una torta». Inoltre manca il ricambio generazionale: un tempo i forni passavano di padre in figlio, ma i giovani che oggi hanno maggiori possibilità di studiare e affermarsi in settori diversi raramente portano avanti l’attività. E persino gli stessi dipendenti delle panetterie non sempre accettano l’onere di raccogliere il testimone dai titolari che lasciano.

Uno studio promosso dalla categoria a Gorizia una quindicina d’anni fa parlava di un’età media di 55 anni, per i panificatori, che già allora in larga parte erano alle soglie della pensione. Non è un caso nemmeno il fatto che oggi i panifici puri non esistano praticamente più, nelle piccole realtà come Gorizia così come, a maggior ragione, nelle grandi città. Non sarebbero sostenibili, economicamente, e la strada è da tempo quella di affiancare alla panificazione la pasticceria e, anche, il bar o persino la gastronomia. «Per molti versi è un peccato, mette malinconia pensare al declino di un prodotto, il pane, che è sempre stato alla base della nostra cultura e della nostra alimentazione – riflette Visintin –. Ma penso anche che dobbiamo restare ottimisti e sostenere questo mestiere, pensando che un domani le cose magari cambieranno ancora: toccato il fondo torneranno forse ad aprire piccole realtà di nicchia, capaci ancora come noi delle vecchie generazioni di realizzare un pane di qualità e tradizione, che la grande distribuzione non potrà mai offrire nello stesso modo». –

M. B.

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