Superporto, Maersk punta su Trieste e Capodistria
Apprezzabile lo sforzo della Regione per mettere in piedi una normativa che consenta lo sviluppo del Superporto di Monfalcone, ma insufficiente senza provvedimenti del Governo nazionale. E per questo motivo l'interesse del Gruppo Maersk, in coppia con Unicredit, si sposta verso Trieste in tandem con Capodistria.
Si possono riassumere così le clamorose dichiarazioni di Carlo Merli, amministratore delegato di Apm Terminals Italia, società controllata dal Gruppo Maersk per la quale il fatturato di Maersk Line (la più grossa compagnia di navigazione al mondo) pesa per il 50%. L'altra metà della clientela di Apm è costituita dai maggiori carriers internazionali. Sembra dunque tramontare definitivamente l'ipotesi di Monfalcone, pur con il previsto coinvolgimento dello scalo triestino, per quello che è stato definito un Superporto. Si fa invece avanti l'alternativa di Trieste e Capodistria quale sede per un hub dell'Alto Adriatico che potrebbe portare – in tempi relativamente brevi – anche 2 milioni di Teu da suddividersi tra i due scali. Di numeri Merli non parla, ma è difficile che si inseguano operazioni di tale portata per sviluppare traffici di entità minore.
«E' apprezzabile che la regione Friuli Venezia Giulia tenga accesa la fiammella di questa opportunità (Monfalcone, ndr), ma l'iniziativa non è sufficiente se non c'è coordinamento con il governo nazionale. Del resto – ricorda Carlo Merli, attualmente impegnato a seguire lo sviluppo del terminal di Vado Ligure – questo era uno dei prerequisiti essenziali per l'impegno di Apm Terminals e Unicredit. Servono vie più veloci per arrivare al traguardo, per le quali è necessario l'accordo tra Stato e Regioni».
Per questo motivo potrebbe dunque verificarsi ciò che era sembrato logico già in un primo momento: l'utilizzo delle strutture portuali già presenti a Trieste, evitando i dragaggi dei fondali e la costruzione di nuove banchine a Monfalcone. «Noi come operatore portuale, sulla base delle richieste dei carriers internazionali, stiamo valutando di investire su un porto che consenta l'attracco di grandi navi e che sia collocato nell'alto Adriatico. Il tutto perché – spiega Merli – si prevede una crescita costante per il mercato del Centro-Est Europa. Sia Trieste che Capodistria hanno realtà consolidate, mentre le difficoltà di Monfalcone erano soprattutto di ordine ambientale. Oggi l'ipotesi Monfalcone si trova nel limbo per le ragioni che sappiamo, ma le nostre esigenze sono rimaste le stesse, per cui, in accordo con Autorità portuale e Regione Friuli Venezia Giulia, Trieste è una partita che ci può interessare. Altre opportunità, come quella di Capodistria, ci interessano in una logica globale che non può non tener conto del fatto che operano nello stesso bacino».
Per lo scalo triestino l'interesse di un gruppo che ha alle spalle le maggiori compagnie del mondo (su tutte Maersk che ha appena sottoscritto un'alleanza con Cma-Cgm) costituirebbe una vera e propria rivoluzione, in grado di far aumentare il traffico container in maniera esponenziale e con tempi certi. Merli però, non si nasconde davanti ad una situazione che vede il Molo VII già nelle mani di un altro operatore.
«A Trieste ci sono altri operatori e noi non siamo presenti né qui né a Capodistria – puntualizza Merli – ad ogni modo un simile progetto si sviluppa su una prospettiva a cinque anni, prima che il mercato lo prenda qualcun altro».
«Ultimamente non vi sono stati incontri (con l'accoppiata Unicredit-Maersk, ndr) e il progetto pare raffreddato perché in realtà tutti sono in attesa del varo della legge – ha detto l’assessore Riccardi - . Non appena il provvedimento sarà stato approvato, e ciò accadrà a breve, ritengo che Unicredit e Maersk torneranno a farsi vive”.
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