Sul nodo sabbiature Grado vuole arginare le “fughe” in Veneto

Oltre 2,3 milioni dirottati sulla sanità in altre realtà Regioni Il 65% delle cure termali riguarda le prestazioni con i fanghi
Di Antonio Boemo
Bonaventura Monfalcone-08.04.2016 Terme-Grado-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-08.04.2016 Terme-Grado-foto di Katia Bonaventura

GRADO. Le “fughe” in Veneto da arginare riguardano direttamente anche Grado. Parliamo di sanità e in particolare dell’utenza che si rivolge, o dovrebbe rivolgersi, alle terme e in particolare alle sabbiature. Numeri importanti di un comparto che fanno gola alla Git.

«Fa piacere che l’assessore regionale alla sanità abbia compreso la gravità del fenomeno delle “fughe” di corregionali verso le terme venete. È da anni che le Terme di Grado (che hanno riaperto i battenti da pochi giorni, ndr), gestite dalla società pubblica mista Git, soffrono il mancato rinnovo della convenzione sabbiature», dicono il presidente Alessandro Lovato assieme all’amministratore delegato Mauro Bigot. Una posizione espressa dai vertici della società dopo aver appreso i contenuti della risposta fornita in Consiglio regionale dall’assessore Maria Sandra Telesca a un’interrogazione del consigliere forzista Rodolfo Ziberna. Gli esponenti della Git sostengono che anche in questo settore le statistiche parlano chiaramente: a fronte di quasi 4000 sabbiature al giorno dei tempi andati, Git è scesa a effettuarne non più di un centinaio al giorno. È da anni, infatti, che mancano i pazienti. Grado li identificava come “quelli delle mutue” che non portavano solo lavoro agli impianti sanitari, ma anche alle strutture ricettive.

«Il settore fortemente penalizzato dal sottodimensionamento è quello alberghiero ricettivo – precisa la Git - soprattutto delle aziende di minor costo per il cliente disseminate nelle aree vicine al reparto sabbiature. E non si può dire che il reparto sabbiature sia obsoleto: lavori di manutenzione vengono compiuti costantemente. Vale anche la pena ricordare che le sabbiature di Grado sono le uniche a utilizzare l’acqua di mare per i vari lavaggi del corpo dopo la terapia».

Le varie prese di posizione e la risposta dell’assessore regionale Telesca, come detto, fanno seguito a un’interrogazione presentata dall’esponente di Forza Italia, Rodolfo Ziberna, incentrate sull’interrogativo legato alle spese sanitarie sostenute dai corregionali per recarsi a fare le cure fuori dal Friuli Venezia Giulia. Il saldo del settore legato alle cure termali, come indicato dai dati forniti dall’assessore Telesca, presenta un saldo negativo. Nel 2013 la “fuga” per effettuare le cure termali lontano dal Friuli Venezia Giulia, è costato oltre 2 milioni e 300 mila euro (di cui circa un milione 650mila euro verso il Veneto). L’attrazione per la specialistica ambulatoriale è stata invece di 77.500 euro circa (di cui dalla regione Veneto poco meno di 30.000 euro). «Dall’analisi di dettaglio – ha riferito la Telesca – emerge che il 65% della fuga per cure termali è da ascrivere ai “fanghi”, prestazioni che non sono erogate negli stabilimenti termali di Grado e di Monfalcone. Non è pertanto possibile intervenire attivamente su questo fenomeno perché in questa regione, a eccezione delle Terme di Arta (che ha comunicato la sospensione dell’attività sanitaria dal 15 gennaio 2016), non vi sono altre concessioni che consentano lo sviluppo di questa tipologia di prestazioni».

Tuttavia nel complesso della sanità regionale il saldo tra attrazione e fuga è, in base ai dati illustrati dall’assessore, ampiamente positivo. Nel 2013, ad esempio l’importo totale di fuga è stato di 69 milioni e 170 mila euro circa a fronte di un’attrazione di 98 milioni e 700 mila euro circa. Dati che si riferiscono soprattutto ai ricoveri ospedalieri. Peraltro con la sua interrogazione incentrata sulle Terme e le sabbiature, Ziberna aveva sottolineato come il cosiddetto “turismo sanitario” abbia comportato per località termali importanti ricadute economiche e turistiche, sottolineando, però, «come il loro progressivo venire meno abbia determinato una sofferenza economica per tutto il territorio (Grado produce ben il 25% del Pil isontino), proprio mentre si dovrebbe investire maggiormente nel turismo, anche quello sanitario, capace di apportare presenze anche nei periodi di minor flusso turistico».

@anboemo

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