Suicidi, a Trieste il doppio rispetto alla media nazionale
Dal 2000 a oggi i suicidi sono calati a Trieste del 25%, e i tentativi del 20% (fra chi è riuscito nel suo drammatico intento il 25-30% era in contatto con i servizi di salute mentale), così negli anni la città ha perso un primato molto “nero” che condivideva con tutta l’area mitteleuropea e nordica, dopo lunga attività di prevenzione, attenzione, educazione, con “telefoni speciali”, psichiatri anche nel distretto, ma i tempi di crisi che qui non hanno gettato così tante persone nella disperazione economica come accaduto in altre regioni hanno bensì fatto aumentare di almeno 800 unità i pazienti del Dipartimento di salute mentale. Con tutto ciò il tasso di suicidio in Italia è molto più basso, di 6-8 casi ogni 100 mila abitanti, mentre a Trieste in media sono 14, circa il doppio. Nel 1996 si erano toccati i 23, nel 2005 il dato più lieve con 10. Per due terzi i morti per suicidio sono uomini, più scapoli che sposati. Per fare un raffronto, in Lituania il tasso è di 50 casi ogni 100 mila abitanti.
A questo report presentato ieri dall’Azienda sanitaria (Nicola Delli Quadri il direttore generale, Roberto Mezzina il direttore del Dsm, e molti operatori del settore) si legano altri eventi che confermano il ruolo mondiale di Trieste per le cure “basagliane”.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha rinnovato per altri 4 anni, fino al 2018, al Dsm di Trieste il titolo di centro collaboratore, «l’unico al mondo - dice l’Ass1 - incaricato di fare formazione e di aiutare in concreto altri paesi a chiudere i manicomi, con servizi di comunità e pratiche innovative di inserimento sociale». Contatti operativi ci sono con Giappone, Cina, Australia, Sudamerica, in Serbia hanno appena aperto tre Centri di salute mentale, Inghilterra e Galles ci studiano, in Malesia e India il Dipartimento triestino è incaricato di occuparsi, in accordo coi governi, di progetti sui diritti umani. La Clinica psichiatrica, che fa parte del dipartimento, riceve e “esporta” specializzandi. «Circa 900 persone all’anno - ha ricordato Delli Quadri - vengono da noi per visite e stage». «Una fatica in più - ha confermato Mezzina reduce da Tokio -, ma compito importantissimo visto che da quasi 40 anni manteniamo la continuità, questi contatti ci aiutano ad aggiornarci, metterci in discussione e migliorare».
Da poco è stato pubblicato a Trieste il libretto “Prevenire il suicidio in carcere”. Prossimo obiettivo sarà occuparsi piuttosto strenuamente dei giovanissimi, che per abuso di alcol e di sostanze stanno diventando soggetti a rischio suicidio. Le categorie più esposte, al di là dei casi di solitudine e malattia, sono proprio i carcerati, assieme a profughi e rifugiati, immigrati, lesbiche, omosessuali, bisessuali e transgender, insomma chi può trovare ostacolo nel relazionarsi socialmente. Ma anche i più poveri, i meno istruiti. Ma solo a Trieste la contabilità di questi eventi è organizzata e dunque veritiera, perché fa parte di un progetto con molti attori. Altrove (a volte) si preferisce negare il fatto. Per ragioni di opportunità sociale o religiosa.
E così ultima tappa sul tema: l’Oms ha appena pubblicato il suo primo rapporto sul suicidio nel mondo, rafforzando le politiche per contrastarlo, sanitariamente è considerato “causa di morte evitabile” (e procura invece più morti di tutte le guerre in corso), così il Dipartimento triestino appena riconfermato “scuola su scala globale” su questo tema organizza la nuova edizione della sua “International school”, che è sempre frutto di una direttiva Oms. Si svolgerà, con la partecipazione di ben 23 paesi da ogni continente, dal 9 al 12 dicembre sul tema “La visione di Franco Basaglia: salute mentale e complessità della vita reale. Pratica e ricerca”.
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