Sub morto, partono gli avvisi per omicidio colposo
Almeno tre indagati per concorso nel reato. La salma sottoposta a Tac per chiarire le cause del decesso

Sub in immersione nella riserva di Miramare
TRIESTE.
Sabato notte il corpo di Samo Alajbegovic, il sub sloveno morto domenica davanti al castello di Miramare, passerà nel tunnel della Tac. Il dottor Fulvio Costantinides e il collega radiologo Fabio Cavalli lo sezioneranno virtualmente in centinaia e centinaia di immagini che potrebbero svelare, una volta esaminate, qualche dettaglio per risalire alle cause dell’incidente che oltre a Samo Alajbegovic ha coinvolto un secondo sub, il ricercatore istriano Ziga Dobrajc in coma profondo provocato da una anossia cerebrale protrattasi per 40 minuti.
Alla stessa ora di sabato saranno già stati recapitati almeno tre avvisi di garanzia ad altrettante persone che il pm Lucia Baldovin ritiene direttamente coinvolte a livello penale nella vicenda di Miramare. I loro nomi sono stati iscritti ieri mattina nel registro della Procura con l’accusa di concorso in omicidio colposo. È un atto dovuto per consentire ai tre ”indagati” di difendersi fin dalle prime battute dell’inchiesta, nominando oltre a un difensore di fiducia anche i consulenti tecnici in grado di dialogare con quelli indicati dal magistrato inquirente.
L’inchiesta si preannuncia lunga e difficile perché molte sono le variabili in gioco: in primo luogo l’attrezzatura, fornita ai due sub da chi aveva organizzato l’immersione in cui Samo Alajbegovic e Ziga Diobraic avrebbero dovuto imparare ad usare il respiratore a ciclo chiuso ”rebreather”, sotto la guida di due istruttori della ditta Nuet - North Underwater Explorer Team. Giovedì il pm Lucia Baldovin conferirà gli incarichi di esaminare le bombole, il filtro di calce sodata, i tubi corrugati e l’erogatore ad alcuni specialisti del settore subacqueo della cui individuazione si sta occupando in queste ore la Capitaneria di Porto.
Corre voce che l’incarico sarà affidato a tecnici della Marina Militare del Nucleo Sdai di Ancona, noto in tutto l’Adriatico per i ricuperi subacquei di mine e siluri da disattivare. Già da ieri gli ufficiali della Capitaneria stanno interrogando sia i testimoni diretti del duplice incidente, sia altri sub che domenica mattina si erano immersi nel parco marino di Miramare utilizzando la stessa attrezzatura. Le due bombole erano state poi rabboccate dagli esperti della Nuet per essere affidate ai due ”ospiti” istriani, entrambi impegnati in ricerche con il Laboratorio di Biologia marina di Pirano.
Particolare attenzione dovrà esser riservata al contenuto delle due bombole e allo stato di efficienza del filtro a calce sodata che fissa chimicamente - se è efficiente - l’anidride carbonica, prodotto da ogni organismo in attività. I respiratori ”rebreather” usati dai due ricercatori istriani erano dotati di un’ unica bombola per la miscela respiratoria. Mentre l’aria che tutti respiriamo è composta dal 20 per cento di ossigeno e dell’80 di azoto, nel ”rebreather” queste percentuali sono cambiate per migliorare le caratteristiche dell’immersione. Più tempo sott’acqua con minori necessità di decompressione.
La quantità di ossigeno può salire fino al 60 per cento per le immersioni in acque basse, come sono quelle antistanti Miramare. In altri più sofisticati respiratori a ciclo chiuso, spesso mutuati da costosissimi modelli militari, al contrario la percentuale di ossigeno può essere variata a seconda della profondità con un miscelatore automatico o programmato dal subacqueo in esplorazione.
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