Stupro a Opicina, la vittima riconosce il suo aguzzino
L’ha riconosciuto. Quando l’ha visto comparire, oltre il vetro specchiato, ha indicato in quella persona - cioè nel trentaquattrenne marocchino Khalid Ouadil - l’uomo che l’ha violentata nel giardino della sua villetta di Opicina il 24 settembre scorso. Si è chiuso così il riconoscimento ufficiale disposto in sede di incidente probatorio dal pm Pietro Montrone in base a quanto stabilito dal gip Luigi Dainotti. Un vetro a dividere le parti: da un lato la quarantacinquenne vittima della violenza consumatasi poco più di due settimane fa, dall’altro hanno sfilato alcuni uomini che non potevano vedere chi vi fosse al di là dello specchio. La donna - che invece attraverso la vetrata poteva appunto osservare chi vi passava davanti (sistema questo già utilizzato in altri procedimenti) - ha individuato tra loro in Ouadil il suo aggressore.
Il riconoscimento si è svolto in Tribunale l’altro pomeriggio. La posizione di Khalid Ouadil, di fatto ed evidentemente, si aggrava: la vittima dell’abuso già l’aveva riconosciuto in fotografia, quando i carabinieri del nucleo operativo avevano mostrato alla donna quell’immagine, e ha dunque ribadito il tutto durante l’incidente probatorio. Il cittadino marocchino (difeso di fiducia dall’avvocato Alessandro Giadrossi) era stato bloccato dai militari dell’Arma, arrestato in un bar di Opicina a poche centinaia di metri dal luogo dello stupro, al termine di due giorni di indagini serrate dopo che la donna aveva denunciato l’abuso subito. Ai carabinieri aveva fornito una descrizione precisa della persona che all’improvviso si era vista comparire davanti, nel proprio giardino: quell’uomo, dopo aver scavalcato la recinzione, si era poi scagliato contro di lei. Un identikit da cui i militari erano partiti nella loro attività d’indagine.
Ouadil è accusato dal pubblico ministero Pietro Montrone - il magistrato titolare dell’inchiesta in Procura - di violenza sessuale, lesioni personali, violazione di domicilio e detenzione di un taglierino e un coltello (armi che i carabinieri gli avevano trovato addosso al momento del fermo). Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Khalid Ouadil, il giudice Dainotti aveva fatto riferimento a «gravi indizi di colpevolezza». Il trentaquattrenne, davanti agli inquirenti, ha sostenuto la propria innocenza, di essere estraneo all’accaduto: «Non capisco come la donna possa avermi riconosciuto», aveva dichiarato nell’interrogatorio di garanzia. Affermando inoltre che il 24 settembre, il giorno del fatto, «mi trovavo a Monfalcone anche se non ricordo dove. Ho passato tutta la giornata da solo a girovagare oppure in qualche bar. Ma non sono in grado di indicare chi possa confermare le dichiarazioni. Certamente - aveva affermato - non ero a Opicina». Ai carabinieri aveva anche spiegato di non avere una casa stabile e di dormire dove gli capita: «Sono arrivato a Monfalcone qualche giorno fa provenendo da Venezia. Ho dormito a Monfalcone e poi anche alla stazione ferroviaria di Trieste».
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