Studi di settore, a Gorizia uno su 4 è “irregolare”

Elaborati mediante analisi economiche e tecniche statistico-matematiche, consentono di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente.
Sono gli studi di settore che pendono come una spada di Damocle sopra la testa di tanti imprenditori e commercianti. Dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti che la Commissione tributaria regionale aveva dato ragione a una commerciante goriziana, in quanto gli studi di settore non accerterebbero la congruità dei ricavi perché «Gorizia è una città depressa economicamente».
Ma equiparando sino ad oggi, in termini di potenziali guadagni, un negozio del centro storico di Gorizia a uno analogo di via Montenapoleone, a Milano, quali effetti si sono avuti? Devastanti.
“Incongrui”
in aumento
È schizzato, infatti, all’insù il numero degli “incongrui”, i contribuenti fuori linea rispetto agli studi di settore . La conferma (ulteriore) arriva dai dati del ministero dell’Economia. Prima, però, è necessaria una premessa per inquadrare il problema: gli studi di settore fotografano l’ammontare dei ricavi “presunti” del contribuente in base alle indicazioni di dati di natura contabile e di dati relativi alla struttura di impresa o di esercizio dell’arte o professione.
Questi ricavi presunti vengono messi, poi, a confronto con quelli dichiarati effettivamente dall’azienda: se c’è uno scarto, parte l’accertamento perché si è ravvisata l’incongruità. Ebbene: mentre in tutta Italia un contribuente su cinque è fuori linea rispetto agli studi di settore (la media nazionale è del 19,5%), qui la situazione è addirittura peggiore. La media, infatti, sale al 24,2% e fa piazzare Gorizia e la sua provincia al 21mo posto assoluto in una classifica comandata da Ogliastra. Insomma, un commerciante o un libero professionista su 4 ha dichiarato redditi non congrui.
Parametri
discutibili
Ma il fatto che una categoria si allinei meno di un’altra agli studi di settore non può essere interpretato necessariamente come evasione fiscale: vuoi perché i minori incassi potrebbero essere il frutto avvelenato della crisi economica, vuoi perché alcune attività hanno strutturalmente meno margini per nascondere i ricavi. Basta vedere la posizione della graduatoria in cui si collocano le edicole e le tabaccherie per rendersene conto.
L’alto numero di dichiarazioni incongrue a Gorizia è determinato, secondo imprenditori e commercianti, proprio dai parametri (troppo ottimistici) degli studi di settore. Non a caso, il Comune e il sindaco Romoli hanno fatto a suo tempo le opportune pressioni a Roma. Non è possibile, infatti, che non si tenga conto negli studi di settore dei centri commerciali sloveni perchè si trovano in un altro Stato, «mentre i negozi di altre aree d’Italia - ha sottolineato in tempi non sospetti il primo cittadino - sono chiamati a pagare meno tasse perchè hanno la grande distribuzione, in territorio nazionale, a qualche chilometro di distanza». Il primo cittadino ha fatto più volte riferimento anche ai numerosi cantieri aperti in città negli ultimi anni «indispensabili proprio per consentire, attraverso la riqualificazione urbanistica, la riconversione dell’economia commerciale. Tali cantieri, però - la sottolineatura di Romoli - essendo diffusi e protratti per un lungo periodo hanno inevitabilmente provocato disagi alla viabilità con ripercussioni anche di carattere commerciale».
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