Strage di scampi e il prezzo va alle stelle
di Andrea Marsanich
FIUME
Basta fare una capatina nelle pescherie delle maggiori località istriane e dalmate per capire come lo scampo sia diventato merce rara. Anzi, in alcuni mercati ittici sembra proprio scomparso. Non è la sola specie ad avere conosciuto un pauroso calo, sia a causa di un iper (e sragionevole) sfruttamento, sia per le cattive condizioni idrografiche dell’Adriatico, un mare che praticamente non si rinnova.
Allo scampo si aggiunge il nasello, la specie quantitativamente più importante per la pesca con reti a strascico, come pure la rana pescatrice, il popolare rospo. Non passa giorno che i pescatori istriani, dalmati e quarnerini non si lamentino per i bottini sempre più magri, che portano di riflesso a ricavi minori, attizzando l’insoddisfazione in tutto il settore. E l’ultimo a fare i conti con questa situazione è il consumatore che, ad esempio, deve sborsare a Fiume 160 kune (21,4 euro) al chilo per scampi di taglia baby, prezzo che raggiunge facilmente le 260 (34,7 euro) e più kune per gli esemplari “di una volta”, che raggiungono anche un paio di etti.
I naselli vanno invece da 24 a 80 kune (da 3,2 a 10,7 euro), mentre la coda di rospo ha fatto registrare il maggior aumento di listino degli ultimi tempi, arrivando a costare 140 kune (18,7 euro) al chilo. Sono prezzi molto alti tenuto conto che lo stipendio medio in Croazia tocca i 710 euro. Se per avere dati concreti dell’Istat croato sulla pesca 2011 bisognerà attendere i primi mesi dell’anno prossimo, non ha dubbi il professore Nedo Vrgoc, studioso dell’Istituto oceanografico di Spalato, a capo di un team che dal 1996 studia le aree di pesca delle strascicanti. «Questo sistema di pesca – osserva – ha dato risultati discreti fino a 3 o 4 anni fa. Da allora i pescati si assottigliano regolarmente e la situazione peggiore è nella Fossa di Pomo (Jabuka in croato), uno degli habitat più importanti e delicati in Adriatico. È così perché si tratta della zona più importante di riproduzione e crescita nel nostro mare per pesci, molluschi e crostacei. Purtroppo le profonde acque dell’isola di Pomo hanno dato risultati deludenti negli ultimi tre anni e ciò si sta ripercuotendo sulle biomasse di diverse specie».
Lo studioso si sofferma sui pescatori italiani, lodando la decisione delle competenti autorità di portare a due mesi il fermo biologico. «È una mossa molto positiva, il 30 per cento delle acque croate dell’Adriatico è interessato da fermo biologico permanente. Purtroppo croati e italiani – dice Vrgoc – non hanno regole comuni e ciò incide sulle risorse. Noi abbiamo, per così dire, pesci congiunti e dunque non si possono ottenere risultati concreti se gli italiani adottano il fermo pesca di 60 giorni, mentre invece i croati continuano a calare reti e altri attrezzi». Secondo Vrgoc il quadro potrà cambiare soprattutto quando la Croazia entrerà a far parte dell’Ue (il primo luglio 2013) e allora i due Paesi avranno leggi identiche in materia».
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