Strage delle tartarughe, caccia al virus

Gli esperti ipotizzano un morbo misterioso. Giallo nel giallo: i 150 esemplari spiaggiati solo a Grado e in Emilia Romagna
Di Giulio Garau

MONFALCONE. C’è un morbo misterioso nell’Alto Adriatico, un virus o forse un batterio, che sta facendo morire le tartarughe marine. È ormai un’epidemia che sta provocando una strage tra le Caretta caretta: i dati aggiornati a ieri hanno registrato oltre 150 tartarughe morte, spiaggiate o finite sugli scogli della costa. Un numero che aumenta esponenzialmente ogni giorno considerato che martedì il conto era fermo a 100 tartarughe morte. Ma c’è un altro particolare, probabilmente legato ai venti e alla corrente, che sta alimentando il giallo attorno a questa anomala e straordinaria moria: tutte le tartarughe sono state trovate nella zona della laguna di Grado e sulle spiagge che vanno da Cervia, Milano marittima, Rimini e Riccione. Nessuna tartaruga è finita sulle coste del Veneto, probabilmente a causa della corrente della foce del Po, ma non ci sono stati ritrovamenti nemmeno in Croazia e Slovenia.

Ed è proprio sull’ipotesi di un morbo, un “agente biologico” sconosciuto, che stanno lavorando gli esperti che ieri si sono riuniti in un vertice all’Università di Padova nell’Istituto di Veterinaria. Si tratta dell’unità operativa del progetto Netcet, il network di monitoraggio dei cetacei e delle tartarughe, che mette assieme gli esperti dell’Alto Adriatico (Fvg, Veneto, Emilia Romagna, Slovenia, Croazia e Albania) e che ieri si sono consultati in teleconferenza. Per il Fvg era presente Francesco Zuppa, dell’Unità operativa tartarughe e cetacei che ha sede nell’Area marina protetta di Miramare.

«Nel solo mese di ottobre sulle coste del Fvg abbiamo avuto prima 32 spiaggiamenti di tartarughe, il numero poi è salito a 39 e con quelle ritrovate sulle coste romagnole il numero delle morti è volato ad oggi a 150 esemplari - spiega Zuppa -. Abbiamo fatto diverse consultazioni, ci siamo riuniti anche oggi per cercare di capire cos’è accaduto e come mai c’è stata questa moria». Un quadro assai complesso, reso ancor più difficile dalla stranezza dei ritrovamenti a causa di correnti e venti (prima la Bora, poi il libeccio e in questi giorni di nuovo la Bora) che hanno interessato Fvg ed Emilia Romagna, non il Veneto e nemmeno le coste istriane e dalmate.

«Stiamo ancora formulando delle ipotesi - aggiunge Zuppa - ma quello che posso dire, dopo una lunga consultazione tra colleghi, è che tendiamo ad escludere alcune cause. Innanzitutto le biotossine algali e problemi legati all’alimentazione di cozze de parte delle tartarughe. Ci vorrebbe un bioaccumulo veramente importante di queste biotossine e dai primi esami nello stomaco di alcuni esemplari non è stato trovato nulla». Sembrebbe esclusa anche l’ipotesi di un avvelenamento. «Non pensiamo nemmeno a una morte legata a fenomeni di tossicità chimica - continua Zuppa - non abbiamo rilevato presenza di agenti chimici, l’esame delle carcasse avrebbe evidenziato lesioni interne e ci sarebbero state morie anche di altre specie». Un indizio però è stato trovato: «L’unica cosa che si ripete su diverse tartarughe trovate è un’emorragia ai muscoli pettorali e una sterilità dell’intestino. Un’ipotesi potrebbe essere quella di un agente biologico, non sappiamo se un virus o un batterio. E ha colpito le Caretta caretta nell’Alto Adriatico, alcune sono arrivate morte da poco sulle spiagge. Aspettiamo le risposte delle prove batteriologiche dopo le autopsie che sta conducendo l’Istituto zooprofilattico di Forlì».

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