Stop della Corte dei conti al rinnovo del contratto per 14 mila dipendenti del Comparto
TRIESTE. La Corte dei conti scova un “buco”: manca un milione di euro per la copertura del rinnovo contrattuale per i quasi 14 mila dipendenti del pubblico impiego regionale. Più precisamente la carenza di risorse riguarda la parte degli enti locali ma, trattandosi di comparto unico, il “cappello” che unisce dipendenti di Regione, Comuni e Uti, la questione aperta dalla magistratura contabile, con conseguente Rapporto di certificazione negativo, congela di fatto l’intesa di fine inverno. E consegna la prima “grana” al neo assessore alla Funzione pubblica Sebastiano Callari.
La firma era arrivata lo scorso 18 marzo. Dopo 16 mesi dall’ok sulla preintesa (novembre 2016), delegazione trattante di parte datoriale e sindacati – Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal – concordavano su un rinnovo che mancava dal 2009, per un importo complessivo sul triennale di 20,1 milioni e un aumento medio di 82 euro mensili lordi dai commessi ai funzionari. Nulla di definitivo fino al visto della Corte dei conti. Che non è arrivato.
La sezione di controllo della magistratura contabile, con Antonio Caruso presidente, sigla infatti una certificazione «non positiva» su quanto sottoscritto dalle parti due mesi fa e lo spiega in nove pagine di un Rapporto in cui si premette il contesto in cui è maturata la trattativa, quello della riforma degli enti locali, con l’abrogazione statutaria delle Province e l’istituzione delle Unioni territoriali intercomunali, le famose 18 Uti, e della legge 18 del 2016 che ha dettato le “Disposizioni in materia di sistema integrato del pubblico impiego regionale e locale”. L’impianto del contratto non è in discussione. Anzi, la Corte apprezza l’intento di realizzare concretamente il percorso di perequazione tra regionali e comunali. Ma alcuni aspetti soprattutto formali impediscono il via libera.
Secondo quanto si legge nel Rapporto, ecco la prima contestazione, le quantificazioni relative alla bozza approvata con delibera della giunta Serracchiani il 21 marzo scorso sono state inviate alla Corte prive del dettaglio di parte dei costi del contratto, oltre che della relazione illustrativa, «per cui già dopo una prima lettura, il giorno successivo, si è resa necessaria la formulazione di una richiesta istruttoria avente ad oggetto elementi mancanti o non sufficientemente chiari». Quindi si entra nel dettaglio delle cifre di un rinnovo che a regime ha evidentemente rilevanza «in termini di rigidità della spesa e di incidenza sul conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».
La Corte, intervenendo sulla compatibilità finanziaria, ricostruisce tutti i passaggi, in primis quello che ha alzato la previsione d’aumento dall’iniziale 2,7% al 2,9%, con la Regione che si era impegnata in assestamento a coprire la differenza anche per i dipendenti degli enti locali. In una situazione tuttavia in cui a livello nazionale si era andati oltre quella percentuale, anche il Fvg ha ulteriormente alzato la soglia, fino ad arrivare a un aumento del 3,48%. Cifra, sottolineano i giudici dei conti, che non viene precisata in alcuna parte della legge regionale 4/2018 in cui si norma tra l’altro il comparto e, aspetto più grave, che non viene accompagnata dalle garanzie di copertura anche per gli enti locali.
È ancora la Regione ad assumersi quell’impegno? Non si sa. Infine, c’è pure una modalità di calcolo che non convince. Sulla base di quanto fatto a livello nazionale e in precedenza pure in regione, vale a dire considerando il part time come tempo pieno, la Corte calcola un aumento reale non del 3,48%, come da direttive della giunta, ma dal 3,55% a livello di comparto. Si sfora dunque dello 0,07% rispetto alla massa salariale prevista: nulla che intacchi la compatibilità economica della bozza contrattuale, ma l’invito è a usare le modalità di calcolo consuete.
La reazione delle categorie è ovviamente preoccupata. Anche perché, con un cambio di governo regionale in corso, si teme che le risposte arriveranno non prima dell’assestamento estivo. In un volantino firmato da Mafalda Ferletti (Fp Cgil), Massimo Bevilacqua (Fp Cisl), Michele Lampe (Uil Fpl), Fabio Goruppi (Ugl) e Paola Alzetta (Cisal), ribadito che «nulla viene contestato del dettato contrattuale», si annuncia la richiesta di un incontro «urgente» con il presidente della Regione e l’assessore di riferimento. «Se serve una norma più dettagliata – incalzano i sindacati –, la si porti in aula nel più breve tempo possibile».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo