Stop al servizio notturno dell’Enpa di Trieste: crolla il numero di animali soccorsi
TRIESTE Il rischio era stato annunciato. Numeri alla mano, nel servizio di soccorso notturno per gli animali selvatici in difficoltà, o magari investiti da qualche auto, qualcosa non va. Lo sanno bene i tanti triestini che hanno segnalato un’emergenza dopo le 20 e spesso non hanno avuto risposta.
Ma facciamo i conti. In media negli gli anni passati il Centro di recupero animali selvatici (Cras) dell’Enpa intercettava tra i e 150 ai 170 esemplari bisognosi di cure (154 nel 2017). Animali che, soccorsi la notte, venivano poi portati nelle struttura di via Marchesetti per essere curati. Dallo scorso luglio, da quando cioè l’Enpa non effettua più il soccorso notturno, al Cras di animali recuperati la notte ne sono arrivati soltanto 4, tutti caprioli: uno salvato da un ex guardiacaccia, uno inviato da AsuiTs e due recuperati dall’Enpa alle 8, ma già in difficoltà da ore. Di tassi, volpi, rapaci, gabbiani o ricci non vi è traccia. Per quelli, di notte, il soccorso sembra proprio non esistere.
I dati fanno insomma sorgere qualche dubbio sull’attuale sistema di soccorso. Ma andiamo per ordine. Intanto va ricordato che la legge nazionale 157 del 1992 indica che «la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale». Dunque, il non tutelarla, il non soccorrerla, configura una violazione della legge. La legge nazionale prevede che del soccorso alla fauna selvatica si facciano carico le Regioni. La nostra, in passato, aveva demandato il compito alle Province, che operavano attraverso i guardiacaccia. Con la “morte” delle Province, i guardiacaccia sono diventati guardie forestali regionali, e dal 2015 il soccorso ai selvatici è tornato di competenza regionale, precisamente in capo all’assessorato Agricoltura e Foreste. Fino al 1º luglio 2018, il soccorso dei selvatici era affidato all’Enpa, che copriva il servizio 24 ore su 24, malgrado la Regione nel 2016 avesse anticipato che quel servizio sarebbe stato presto gestito direttamente dalle guardie forestali. Ancora oggi, invece, con convenzioni che procedono di proroga in proroga, se ne occupano sempre realtà private, come appunto l’Enpa. Che però, causa mancanza di personale e di volontari disposti a lavorare la notte, lo scorso anno aveva dovuto fare un passo indietro garantendo il servizio solo in orario diurno, dalle 8 alle 20. E da allora, tra i recinti e le gabbie dove l’Enpa ricovera le bestiole infortunate, mancano all’appello almeno 140 esemplari. Viene da chiedersi se gli animali non si feriscano più o non vengano più investiti la notte.
Va ricordato che le modifiche apportate nel 2017 alla legge regionale 6 del 2008, prevedono che i cacciatori, se il veterinario intervenuto sul posto reputa non sia possibile salvare la bestiola, abbattano il capo tenendosi la carne. L’eutanasia - il metodo meno cruento per sopprimere un animale ormai privo di speranze - non consente invece il consumo della carne.
Il sistema dovrebbe funzionare così. Chi si imbatte in un animale selvatico in difficoltà chiama il 112, che avverte le forze dell’ordine che, a loro vota, chiamano il veterinario di AsuiTs reperibile. Il sanitario valuta se l’animale possa essere salvato grazie alle cure dell’Enpa, o se debba essere abbattuto. Nel secondo caso, compila un verbale che consegna al direttore di riserva lasciando la sfortunata bestia nelle mani del cacciatore.
AsuiTs, interpellata, indica che in media i suoi veterinari intervengono la notte tre volte al mese, dunque, circa 33 volte da luglio ad oggi ma, secondo Enpa, AsuiTs ha portato al Cras solo un capriolo. Dunque, negli altri casi le bestiole o erano già morte o sono state abbattute. Con quali modalità avviene l’abbattimento dell’animale nel caso in cui non si ritenga sia curabile? «L’abbattimento - spiega AsuiTs - deve essere fatto dal cacciatore mediante arma da fuoco. In alcuni casi, in assenza del cacciatore o per ragioni di pubblica sicurezza, se l’animale è in mezzo alle case o se l’abbattimento con arma da fuoco rappresenta un pericolo, per ragioni puramente umanitarie e deontologiche si è provveduto alla soppressione eutanasica mediante anestesia seguita da iniezione letale». –
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