Stop al rientro in classe, Fedriga anticipa Roma e vara l’ordinanza ad hoc

Regione orientata a far slittare la ripartenza delle lezioni in presenza alle superiori prevista inizialmente per il 7 gennaio. «Troppo rischioso riaprire gli istituti ora».   
Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.

TRIESTE. La decisione sarà comunicata in mattinata, ma a ieri sera la Regione si era orientata a rinviare la ripresa in presenza delle scuole superiori. Il presidente Giuseppe Conte insiste per ricominciare al 50% ma, se la scelta della giunta sarà confermata dopo il vertice in notturna col governo, per l’ultimo ciclo di istruzione in Friuli Venezia Giulia si rimarrà a distanza al 100% dopo il Natale.

Il presidente Massimiliano Fedriga condivide la preoccupazione degli altri governatori sul riavvio dell’anno scolastico e, al di là di quelle che saranno le linee di Roma, potrebbe procedere con un’ordinanza restrittiva, mentre monta sempre più la polemica sulle modalità d’azione dell’esecutivo, che ieri ha convocato le Regioni in riunione attorno alle 21.30, con un invito diramato solo nel tardo pomeriggio e anticipato peraltro dalla stampa.

I punti caldi sono istruzione e vaccini, ma è soprattutto sul primo che si concentra Fedriga: «La fascia d’età fra 10 e 20 anni è quella con la maggior percentuale di contagiati, pari al 18%. Pensare di aprire le scuole a cuor leggero non è possibile e lo dicono anche i sindacati». Secondo il governatore, «è fondamentale riaprire in presenza ma, se si riapre, dobbiamo arrivare fino in fondo perché gli stop & go sarebbero devastanti. La Regione può fare un’ordinanza e ripartire in dab, ma vediamo cosa vuol fare il governo. Domani (oggi, ndr) comunicheremo la decisione» attraverso una conferenza degli assessori alla Salute Riccardo Riccardi, all’Istruzione Alessia Rosolen e ai Trasporti Graziano Pizzimenti.

L’insoddisfazione della Regione ha però radici più profonde e l’attacco di Fedriga è politico: «Il governo arriva sempre all’ultimo. Due giorni fa ho detto al ministro Boccia che si sono una serie di questioni aperte, ma decidono sulla base della tenuta della loro traballante maggioranza. Un comportamento del genere è un problema durante una pandemia».

Altro punto controverso è quello delle vaccinazioni, partite a rilento in tutta Italia e oggetto di un duro scontro fra centro e periferie: Roma accusa le Regioni di non aver cominciato con sufficiente velocità la profilassi sui sanitari e le Regioni accusano Roma di far arrivare le fiale in ritardo e non aver ancora garantito il personale aggiuntivo per le punture. Fedriga non le manda a dire: «Il problema del personale è una cosa gravissima. C’era l’impegno del governo per darci medici e infermieri, ma il commissario Arcuri ha potuto firmare suo malgrado il contratto con le agenzie solo da inizio anno, perché la copertura finanziaria è arrivata alla fine del 2020. Ora perderemo altro tempo fra colloqui e procedure di assunzione, mentre tocca alle Regioni spostare il proprio personale sanitario da mansioni indispensabili. Non si può organizzare così una campagna vaccinale fondamentale». Il governatore sottolinea poi che «è centrale anche l’aumento delle dosi disponibili»: rivendicazione avanzata nella consapevolezza che il Fvg è fra i territori più puntuali nelle somministrazioni finora effettuate.

Il confronto col governo era ancora in corso al momento della chiusura di questo articolo. Sul tavolo c’erano la stretta rispetto ai parametri che sono alla base delle tre fasce di rischio (il Fvg si sta di nuovo avviando verso la criticità), l’introduzione della zona rossa nei weekend, il possibile inasprimento del coprifuoco spostato alle 20 invece delle 22.

Fedriga vuole capire le intenzioni del governo, ma non nasconde che «i dati sanitari sono in peggioramento ovunque e tutto il Nordest è molto colpito: non possiamo sottovalutare. Nel nostro caso, la percentuale dei nuovi positivi testati è sempre sotto la media nazionale ma preoccupa l’occupazione dei posti letto non intensivi. Se la curva dovesse impennare, un sistema già carico non so come reggerebbe: oggi in Gran Bretagna la gente non ha più posti in ospedale e il Covid sta ripartendo forte anche in Austria. Bisogna individuare i luoghi di maggiore aggregazione e i comportamenti più a rischio, intervenendo lì». —


 

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