Stop ai fondi per gli hotel che ospitano migranti: albergatori Fvg in rivolta
TRIESTE Stop ai contributi regionali per decine di alberghi che negli ultimi cinque anni hanno ospitato profughi e richiedenti protezione internazionale in Friuli Venezia Giulia.
La mannaia sui finanziamenti pubblici è inserita nella proposta di legge “omnibus” depositata ieri dal gruppo consiliare della Lega e intitolata “Misure urgenti per il recupero della competitività regionale”. La norma propone numerosi interventi ma, sebbene dedicata al sostegno della ripresa, prevede un comma che esclude il sostegno economico della Regione per ristrutturazioni, acquisto di mobilio e creazione di aree parcheggio. Nel mirino finiscono retroattivamente tutte le attività che nell’ultimo lustro abbiano deciso, per tutto l’anno o magari in bassa stagione, di mettere le proprie stanze a disposizione del sistema di accoglienza diffusa, stipulando convenzioni con realtà come Croce rossa, Caritas o Ics.
Allo stato attuale, secondo i dati delle Prefetture, in Friuli Venezia Giulia si trovano in questa condizione 21 strutture ricettive di varia dimensione: cinque a Trieste, una a Gorizia, quattordici a Udine e una a Pordenone. Si va dall’albergo che nell’Isontino dà sistemazione a una singola famiglia fino alla struttura da sessanta posti in quel di Lignano, passando per la piccola pensione sulle Rive triestine. Gli hotel interessati diventano però decine, considerando che l’emergenza del 2015-2016 costrinse a utilizzare numerose strutture private per non lasciare le persone in strada.
Dopo il rigetto del sistema dell’accoglienza diffusa, il taglio ai progetti per la creazione di lavori socialmente utili per i profughi, l’annunciata disponibilità a ospitare fino cinque mini Cie e l’aumento di forze dell’ordine sul confine, la Lega prosegue nell’opera di erosione della gestione dei flussi migratori impostata dal centrosinistra. Ora tocca agli alberghi, in nome della lotta al business dell’accoglienza più volte denunciato dal centrodestra. La ratio è escludere dai contributi pubblici gli alberghi che ospitano migranti, ricevendo parte dei 35 euro al giorno che lo Stato stanzia per il loro mantenimento.
Il provvedimento copia quello approvato tre anni fa in Lombardia. Come in quella norma, non si parla esplicitamente di richiedenti asilo. Nella pdl ci si limita infatti a scrivere che i contributi «possono essere concessi esclusivamente qualora il fatturato dell’attività ricettiva, sviluppato negli ultimi cinque anni, sia integralmente derivante dall’attività turistica. Nel fatturato non sono computate le entrate relative ad attività conseguenti a calamità naturali o incidenti».
Il capogruppo della Lega Mauro Bordin premette che «la norma ha natura più generale» ma riconosce che «il caso più frequente di introiti non derivanti dal turismo è quello dell’accoglienza diffusa».
Per Bordin, «i finanziamenti vanno dati alle strutture ricettive che hanno redditi derivanti solo dalla loro attività caratteristica. Se ho un hotel e sto sul mercato, il mio guadagno dipende dalla capacità di attirare clientela. Se invece ricevo fondi pubblici per ospitare migranti, ho un introito fisso perché so di avere la struttura piena per mesi: il che mi dà margini sicuri che posso reinvestire. Le realtà turistiche non hanno questa certezza: si crea una forma di concorrenza sleale».
Gli albergatori stigmatizzano la proposta. Per la vicepresidente di Federalberghi Fvg Cristina Lipanje «questa norma è allucinante: un provvedimento ingiusto e ancor più ingiusto è che si fissi il criterio della retroattività. Queste strutture decidono di ospitare profughi perché sono in cattive condizioni o decentrate e quindi usano l’accoglienza per avere qualche guadagno. Un modo per sopravvivere, ma ora si impedirà a questi imprenditori di accedere a contributi per i restauri che sono vitali e permetterebbero agli alberghi più datati di tornare al turismo puro».
Il presidente di Federalberghi Trieste Guerrino Lanci si appella al fatto che «l’impresa deve essere sempre libera, con pari condizioni in termini di mercato e regole. Proporre regole diverse per la stessa tipologia di strutture va contro la logica di mercato e di crescita». —
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