Stop a mini sedi e affitti: scatta il valzer degli uffici

La giunta accelera sulla riorganizzazione degli immobili distribuiti in regione. Già ridotte di due terzi le spese per l’utilizzo dei locali non di proprietà
Il palazzo in piazza Unità che ospita la giunta regionale
Il palazzo in piazza Unità che ospita la giunta regionale

Grande è bello. Non è lo slogan di lancio di un nuovo film su Godzilla, ma il pensiero ispiratore dei piani di riqualificazione che la Regione sta studiando per le sue sedi. Decine di edifici e appartamenti sparsi in tutto il Friuli Venezia Giulia ai quali, un po’ per risparmiare e un po’ per questioni normative e amministrative, si è deciso di dare una sfoltita.

I quattro piani provinciali in corso di studio da parte degli uffici puntano infatti a concentrare i vari rami dell’amministrazione in un numero ridotto di grandi edifici, così da liberare quelli minori perché possano esser venduti o dati in locazione. Un po’ come è successo in tempi recenti con gli uffici di viale Miramare a Trieste, attualmente in vendita.

«La filosofia del piano è quella di una razionalizzazione e ottimizzazione dei costi», spiega l’assessore al Finanze Francesco Peroni. «Oltre alle spese dobbiamo anche rispondere alle nuove urgenze amministrative: la presidente Serracchiani ha modificato le deleghe degli assessorati e ciò comporta un diverso rapporto tra i vari uffici».

Nel corso dei prossimi anni, quindi, gli uffici saranno concentrati in un numero limitato di grandi edifici e sedi storiche, rinunciando ai numerosi piccoli spazi occupati attualmente.

In questo modo la Regione punta ad azzerare in tempi brevi anche gli spazi in cui svolge il ruolo di affittuario: spostando tutti gli uffici negli edifici di proprietà si riducono costi. Che comunque non erano elevati, spiegano gli addetti ai lavori. Il direttore per l’area di coordinamento per le politiche economiche della Regione, Nicola Manfren, dichiara: «Nel corso del 2013 abbiamo disdettato locazioni passive (rinunciato a spazi in affitto ndr) per oltre 77mila euro - dice -. Nell’anno in corso abbiamo proseguito il lavoro per oltre 110mila e ne faremo delle altre». Gli uffici contano quindi di aprire il 2015 con un peso di locazioni passive per tutta la regione inferiore ai 100mila euro. «Ovvero un terzo di quel che era fino a pochi anni fa», dice Manfren. «In ogni caso parliamo di cifre non esorbitanti, segno del fatto che anche in passato la Regione è stata virtuosa nella gestione dei suoi spazi».

I piani per Trieste e Udine sono giocoforza quelli più urgenti, poiché sulle due province insiste il maggior numero di sedi regionali. Ma anche i territori del pordenonese e del goriziano sono interessati, perché sono tante le articolazioni della Regione sul territorio. «Contiamo di portare a termine entro l’esercizio 2014 il piano per Udine e forse anche quello per Trieste - spiega Manfren -. Anche se del lavoro è già stato fatto. Udine ha già avuto una pesante concentrazione di funzioni nell’immobile di via Sabadini».

A Trieste, invece, si tratta di intervenire sul piano già approvato nel 2012, per adeguare le strutture alle nuove disposizioni di legge. In particolare alle norme che richiedono un rapporto indicativo fra metri quadrati e numero di dipendenti: «La media dovrebbe essere di 25 metri quadrati per dipendente - afferma Manfren -, anche se ovviamente ciò non significa che ogni dipendente dovrà avere un ufficio di quelle dimensioni: nel computo si include tutta la metratura dell’edificio».

Ma cosa succederà alle sedi “abbandonate”? Verranno vendute o date in gestione ad altri enti, magari alle partecipate regionali, che sono già in affitto altrove. «Questo è uno degli obiettivi impliciti dell’economia di scala - dichiara l’assessore Peroni -. Ridurre in modo massiccio come stiamo facendo le locazioni passive ci consente di polarizzare la presenza sugli edifici di proprietà. Ciò ci consente di liberare spazi che possono essere collocati sul mercato o, in alternativa, venire occupati da altri enti che sono interessati ad essere locatori. In ogni caso l’obiettivo è mettere a reddito le strutture che restano libere». Non resta che attendere la definizione dei piani per capire quali e quanti saranno.

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