Stock: «Costi insostenibili costretti ad andarcene»

L’azienda: materie prime aumentate del 30%, in salita Iva e accisa sugli alcolici Per produrre qui sborsiamo un terzo in più rispetto ai concorrenti dell’Est
Di Fadio Dorigo

A Trieste non resta che consolarsi. “Se la tua squadra del cuore ha vinto brinda con Stock 84, se la squadra del cuore ha perso consolati con Stock 84”. La partita è terminata prima di cominciare. Una sconfitta decisa a tavolino. Nessuno scommette più sulla Stock a Trieste nonostante i suoi 128 anni. La Stock Italia ha concluso ieri gli incontri istituzionali. Dopo la Regione, l’amministratore delegato Claudio Riva e il direttore del personale Evelina Teruzzi hanno informato il Comune e la Provincia della chiusura la storica fabbrica di Trieste e del trasferimento della produzione, da giugno, nello stabilimento in Repubblica Ceca. «La richiesta di incontro non era per affrontare la situazione di un malato grave, ma per assistere a un funerale» ha sintetizzato il sindaco Roberto Cosolini. «La scelta fatta è definitiva» conferma l’assessore comunale Fabio Omero. «La mia impressione è che sia una decisione irreversibile» precisa Adele Pino, assessore provinciale ed ex sindacalista. Meglio occuparsi dei «30 dipendenti della Stock che perderanno il posto di lavoro e che sono tutti giovani e molto specializzati». Lunedì mattina si terrà in fabbrica un’assemblea nella quale i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) decideranno le nuove iniziative da intraprendere dopo i due giorni di sciopero. Martedì alle 16, invece, si terrà un incontro in Prefettura chiesto dalla Regione. Inutile però illudersi. Non c’è alcuna trattativa in corso, anche se dalla parte politica piovono le richieste di ripensamento. Il deputato del Pd Ettore Rosato chiede l’intervento di Mario Monti. «Il governo intraprenda un’azione per scongiurare la chiusura della Stock, valutando l’ipotesi di collaborare alla ricerca di un nuovo imprenditore interessato a rilevare lo stabilimento». Gli fa eco il parlamentare Roberto Menia (Fli): «Un marchio storico, quale la Stock, così legato all’immagine di Trieste, non deve essere definitivamente cancellato dalla città».

La Stock per Trieste è una bandiera. Ma alla proprietà (il fondo americano Oaktree Capital Management) non interessano le bandiere. «Stock Spirits Group, dopo l’annuncio della chiusura del sito produttivo di Trieste - si legge nella nota diffusa ieri - intende ribadire la decisione di spostare la sola produzione in Repubblica Ceca». Nessun ripensamento. Le motivazioni? L’elenco stavolta è dettagliato: «Questa difficile decisione - spiega la Stock Spirits Group - si è resa necessaria a causa di una significativa riduzione dei margini dovuta a diversi fattori. Fra questi: un aumento dei costi delle materie prime (distillati, vino, zucchero) pari al 30%; incrementi a doppia cifra dei costi di vetro e cartone per imballaggi; l’aumento dell’Iva al 21% a settembre 2011, con la previsione di un nuovo incremento al 23% a ottobre 2012; un costo del lavoro che mantiene livelli significativamente più alti rispetto agli altri Paesi europei; la prospettiva di un aumento dell’accisa sugli alcolici entro l’anno». Una bocciatura senza appello del Sistema Paese. «Oggi più del 40% della merce prodotta nello stabilimento di Trieste è destinato ai mercati dell’Est Europa - conclude la nota - qui i costi di produzione sostenuti dai nostri concorrenti sono inferiori di un terzo rispetto all’Italia. Si è trattato dunque di una decisione che abbiamo dovuto prendere per restare uno degli attori principali nel settore delle bevande alcoliche e per continuare a operare e sostenere i nostri marchi in Italia, a oggi il terzo mercato in Europa dopo Polonia e Repubblica Ceca». L’Italia va bene al massimo come mercato per conto terzi.

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