Stipendi più alti per i manager chiamati alla guida della sanità Fvg

Giunta pronta a rivedere i contratti da 134 mila euro lordi più 20% di premi per attrarre i dirigenti ritenuti più validi

Trieste «Le paghe dei dirigenti apicali vanno aumentate o qui arriveranno solo scarti. Cristiano Ronaldo lo devi pagare per quello che vale. E così i grandi manager, che senza adeguamento degli stipendi preferiranno sempre lavorare in altre regioni. Inutile essere ipocriti e fare i grillini quando parliamo di bilanci milionari». È un esponente della giunta regionale a spiegare con un’allegoria calcistica ciò che l’esecutivo di Massimiliano Fedriga sta pensando di fare, a cominciare dal management della sanità, che il centrodestra intende gratificare con emolumenti più alti per rendere il Friuli Venezia Giulia più attrattivo.

Il ragionamento poggia sulla convinzione che un innalzamento delle retribuzioni potrà convincere qualche fuoriclasse a trasferirsi in Fvg, superando un impoverimento della qualità dei dirigenti di prima fascia riscontrabile da quando le giunte Tondo e Serracchiani hanno ridotto consecutivamente l’entità del loro bonifico mensile, spingendoli a posizionarsi fuori regione.

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La giunta vuole ora invertire il trend, per poter contare su cavalli di razza che contribuiscano al processo di riforma del sistema regionale della salute. A cominciare da quell’Azienda zero che avrà compiti di coordinamento delle tre aree vaste e che il centrodestra vorrebbe affidare a Paolo Bordon, ex direttore amministrativo a Udine, passato sotto la gestione Serracchiani al vertice dell’Azienda sanitaria n. 5 e infine approdato all’Azienda sanitaria trentina, dove il manager conta su uno stipendio impareggiabile rispetto ai tetti previsti nel resto di Italia.

Bordon è visto da Fedriga e dall’assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, come una sorta di taumaturgo capace di interpretare al meglio il ruolo di organizzatore del sistema. Ma il manager friulano incassa a Trento la bellezza di 175 mila euro lordi, aumentabili del 30% sulla base agli obiettivi di risultato. Una retribuzione potenziale da quasi 230 mila euro, lontana dai 134 mila euro lordi più 20% di premialità, fissati dalla spending review della giunta Serracchiani.

Nella scorsa legislatura, il centrosinistra cominciò infatti dalla riduzione delle indennità dei consiglieri regionali, affiancando quel provvedimento alla scelta di indicare in 150 mila euro lordi lo stipendio dei direttori delle società partecipate, che vennero equiparati alla paga incassata dal presidente della Regione. Una contrazione fu attuata anche in sanità, dove si introdusse pure la selezione dei direttori sulla base di una procedura con avviso pubblico e giudizio di una commissione (con tanto di prova scritta), anche se la nomina avrebbe potuto continuare a essere diretta, perché fiduciaria. Fu proprio quel taglio che spinse Bordon a cercare fortuna a Trento, lasciando un Fvg dove i dirigenti di punta della sanità guadagnano meno dei 154 mila euro lordi (più eventuale premio del 20%) previsto dalle norme nazionali per le Regioni a statuto ordinario.

La giunta ha ora allo studio un ritocco al rialzo e sta valutando le possibilità d’azione offerte dall’autonomia, senza aver ancora definito le cifre. La decisione potrebbe tuttavia provocare un effetto valanga, non troppo salutare per le casse pubbliche. L’aumento per il direttore dell’Azienda zero e i suoi colleghi di Trieste, Udine e Pordenone comporterebbe ad esempio anche l’incremento automatico per i rispettivi direttori amministrativi e sanitari, retribuiti per legge il 20% in meno dei propri superiori: 102 mila euro (nel resto d’Italia sono 134 mila) che andrebbero riparametrati sulla base dell’aumento che verrà.

Il provvedimento pensato a favore dei vertici sanitari susciterebbe inoltre immediate proteste da parte dei direttori centrali che affiancano gli assessori e che la doppia sforbiciata di Tondo e Serracchiani ha portato a 135 mila euro lordi. Facile immaginare che a quel punto anche i direttori delle società partecipate richiederebbero la loro parte. —


 

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