Stereo a tutto volume per coprire il "rumore" delle campane

SAGRADO. Le campane della chiesa danno fastidio e per ripicca durante un funerale i vicini alzano a tutto volume lo stereo di casa.
Non più di quaranta passi, meno di una trentina di metri, separano il campanile della chiesa di Sagrado dal civico 6 di salita San Michele dove, dal 13 febbraio, si è trasferita dal Lazio la famiglia Sepe.
La vicinanza crea insofferenza e a generare malumori sono proprio le campane. È la classica battaglia paesana dove trovare le ragioni e i torti degli uni o degli altri appare quasi impossibile. Secondo i nuovi residenti, i rintocchi fatti battere dal parroco nel corso della giornata sarebbero troppi.
Nonostante don Giovanni Sponton abbia spostato il primo batter di campane dalle 6 alle 7 di mattina, questo non ha risolto la questione. Non essendo riusciti a trovare un accordo risolutivo con il parroco, per lamentarsi del rumore definito “incivile inquinamento acustico”, lo scorso aprile, a meno di due mesi dal loro trasferimento a Sagrado da Guidonia Montecelio, i Sepe avevano presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Gorizia.
La protesta non è stata però risolutiva, così la battaglia contro le campane è andata avanti assumendo le sembianze di una grottesca lite tra vicini di casa.
Nei giorni scorsi, durante un funerale, la figlia ha alzato a tutto volume l’impianto stereo di casa puntando le casse verso la chiesa di San Michele Vescovo. Subito è stato richiesto l’intervento dei carabinieri che, manco a dirlo, con tutto quel frastuono, per farsi aprire la porta hanno avuto i loro problemi. Nel bene o nel male l’episodio ha avuto come effetto quello di sollevare il problema. A causa della mancanza di tatto dimostrato per un rito così delicato come è un funerale, il paese, però, sembra essersi schierato dalla parte del parroco.
«La prima notte non siamo riusciti a dormire per il frastuono delle campane – ricorda Jessica Sepe -. Eravamo decisi ad andarcene subito, ma mio padre ha preferito andare a parlare col parroco, il quale gli ha assicurato che avrebbe smesso di disturbare con le campane. Ma i giorni passavano, e le campane continuavano a fare il loro lavoro. Mio padre è andato altre due volte a parlare col parroco, che garantiva avrebbe provveduto, e invece non l'ha fatto. È stupendo che un uomo di chiesa sia bugiardo, ma la cosa non mi stupisce affatto. Quindi mio padre e mia madre, che sono invalidi civili, hanno provveduto a fare regolare denuncia, e hanno anche telefonato per chiedere informazioni su come stava andando la denuncia, ma ci hanno detto che deve fare il suo corso».
«A tutt'oggi – prosegue la ragazza -, la situazione è la stessa, anzi, il parroco, ci sta anche facendo i dispetti. Domenica, nell'occasione della giornata dei donatori del sangue, ha suonato quasi ininterrottamente le campane per due ore di fila. Ed una vicina di casa ci ha detto che non ha mai fatto una cosa del genere. Appare evidente che il parroco vuole esasperarci».
È la stessa Jessica Sepe a raccontare l’episodio del funerale: «Ho messo la musica a tutto volume per creare scompiglio, ed infatti qualcuno ha chiamato i carabinieri, che sono venuti a casa e gli ho spiegato la vicenda».
Da parte sua, don Giovanni assicura di non voler esasperare nessuno: «Non so cosa dire, ho spostato le campane dalle 6 alle 7 e speravo potesse bastare. Tra i residenti c’è stato chi si è lamentato perché ha detto che era abituato ad alzarsi con i primi rintocchi. Questa vicenda ha rischiato anche di assumere connotati razziali perché qualcuno ha pensato che avessi modificato l’orario a causa di una famiglia iraniana che si è stabilita proprio qui vicino. Loro invece non si sono mai lamentati di nulla. Mi rendo conto che non sia facile assorbire subito le campane, ma ci vuole un po’ di pazienza».
Riguardo all’episodio della festa del donatore, il parroco nota che, nell’occasione, in cima al campanile sono saliti gli “scampanotadors”. Si trattava quindi di un episodio isolato che di certo non era stato organizzato per fare un dispetto a nessuno, quanto, piuttosto per tener viva una tradizione locale e festeggiare un evento paesano.
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