Stazione di Trieste, panchine sparite tra applausi e proteste

In piedi, sempre in piedi. Al massimo con la schiena appoggiata al muro per poter leggere un libro o sfogliare un giornale. Addio panchine nella stazione centrale. Le Ferrovie le hanno fatte rimuovere. Dicono che è solo un arrivederci. Ma hanno tolto sia quelle dell’atrio sia quelle posizionate alle pareti della piramide, prima di arrivare ai binari. Insomma, è successo più o meno quello che era accaduto in piazza Venezia qualche anno fa, quando l’allora assessore comunale Franco Bandelli aveva fatto togliere le panchine per evitare che ci stessero i drogati.
«Devo andare da mia figlia a Udine e ho perso il treno. Sto girando per i negozi in attesa della partenza. Ma sono stanco. Ho chiesto a un ferroviere dove mi posso sedere e mi ha risposto di andare al bar, dove ci sono i tavolini». Le parole sono di un uomo di 75 anni: rappresentano il disappunto di quella che nei manuali di marketing si chiama utenza.
Ma l’utenza della stazione di Trieste non è fatta solo di viaggiatori in attesa del treno in partenza. Ma anche di gente che si ferma, anzi si siede su una panchina, e forse legge il giornale, durante una passeggiata in città. La stazione per molti era la tappa di una passeggiata lungo il centro storico. Ora stop. In piedi. Anche se sui cartelli che le Ferrovie hanno affisso là dove c’erano le panchine si trova stampata la parola «temporaneamente», seguita dalla spiegazione: «Per effettuare gli interventi di manutenzione».
Promettono dall’ufficio relazioni esterne di Trenitalia: «Le panchine saranno rimesse nel posto originale. Verranno pitturate. Ma forse ne acquisteremo di nuove con i braccioli così da non potercisi coricare». Ma quando? «Al più presto», è la risposta vaga anche se i cartelli affissi in stazione danno come termine il 31 marzo. Ma nessuno di quanti in stazione lavorano ci crede. E c’è anche chi con un pizzico di malizia collega la rimozione delle panchine all’arrivo in città di Mauro Moretti, l’amministratore delegato delle Ferrovie atteso qui il 2 febbraio. «Le hanno tolte per evitare situazioni spiacevoli con i barboni da anni sistemati qui. Hanno fatto una bella pulizia».
Ecco l’altra faccia della medaglia. Quella che fa pensare a chi aveva trovato nell’atrio della stazione un posto dove dormire al caldo. La tabaccaia che ha la rivendita vicina all’ingresso principale non ha dubbi: «Hanno fatto bene a togliere le panchine. Qui ogni giorno c’erano risse, era uno schifo. Su quelle panchine non dormivano solo i barboni, quelli non disturbano. Ma si erano anche accampati i punkabbestia. Qualcuno si portava i cani. La gente aveva paura. E poi ogni mattina l’atrio diventava un letamaio. Il problema era la sicurezza. I punkabbestia chiedevano soldi alla gente. Non si poteva più andare avanti».
Un viaggiatore triestino ribadisce la tesi: «Nella stazione di Milano non ci sono panchine. Questo, appunto, non è un posto dove ci si ferma a leggere il giornale. Si attraversa l’atrio e si sale in treno. A che serve fermarsi?». Un ferroviere che vuole mantenere l’anonimato («Noi non possiamo parlare») spiega che «tutto è cambiato. A Udine hanno dovuto anche chiudere la sala d’aspetto...». Racconta un agente della Polfer: «L’atrio era diventato il ricovero per i senzatetto. Fino a qualche tempo fa i volontari della Caritas portavano da mangiare a chi si accampava nell’atrio».
Massimiliano Furlan è il referente di Centostazioni, la società che gestisce commercialmente la struttura. Mette le mani avanti: «Togliere le panchine è stata una scelta delle Ferrovie. Sono loro i proprietari». Altro non aggiunge. Ma nell’atrio dove c’erano le sedute ora c’è un cartellone con la scritta «500.000 di metri quadri dedicati al tempo libero e allo shopping». «La gente si lamenta - racconta Veronica Rovetto, titolare dell’edicola che si trova sotto la piramide -. Hanno sistemato la questione dei barboni ma hanno penalizzato i viaggiatori. Per colpa dei primi, problemi anche per gli altri. I treni spesso fanno ritardo, come si può pretendere che la gente stia in piedi ad aspettare?»
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo