Stangata sulla famigliola di pescatori “abusivi”

Processo e 300 euro di multa a papà, cognato e figlio sorpresi con la canna a Pola Il regime croato è rigoroso: permesso fondamentale anche se si usa una “togna”
Di Andrea Marsanich

FIUME. Quanto accaduto ha rovinato le vacanze croate ad alcuni componenti di una famiglia trevigiana e forse non tanto per la multa pagata (300 euro), ma perché hanno avuto la netta sensazione di essere stati gabbati, senza possibilità di difendersi, di esporre concretamente le proprie ragioni.

Giorni fa padre, cognato e figlio di 10 anni hanno voluto pescare con la canna in una zona periferica di Pola, piccola battuta organizzata per insegnare l’attività alieutica al giovanissimo Edoardo. Non c’erano tabelle che indicassero il divieto di pesca e invece due agenti di polizia in borghese si sono avvicinati al terzetto, hanno compilato i verbali con processo per direttissima tenutosi la stessa mattinata alle 11 al tribunale mandamentale polesano. La pena pecuniaria è stata di 300 euro e né i poliziotti, né il giudice per le trasgressioni hanno saputo dare spiegazioni perché mai non ci fosse una tabella indicante il divieto di pesca.

Insomma una mancanza di informazione che ha danneggiato i turisti italiani e che potrebbe in futuro causare noie ai vacanzieri connazionali e non solo. La verità è che in Croazia si è rigorosi con la pesca, sia nei confronti dei croati che dei cittadini d’oltreconfine. A prescindere da una doverosa ma deficitaria informazione, è assolutamente proibito calare una lenza in mare nelle zone definite aree portuali. Magari ci sono anche le eccezioni, con pescatori dilettanti (come a Fiume, ad esempio) che cercano di prendere occhiate, sparaglioni, boghe, ma anche orate e branzini, all’interno dei porti.

Nella gran parte dei casi la loro presenza viene tollerata dalle forze dell’ordine che però per legge potrebbero puntualmente infliggere multe. Va ricordato inoltre che è vietato pescare nelle zone balneari dal primo maggio al primo ottobre.

I tre trevigiani non hanno avuto la benché minima comprensione dei poliziotti e pertanto – se decideranno di venire ancora in Croazia – sapranno comportarsi di conseguenza. Non è chiaro se la pena abbia riguardato anche il fatto che fossero sprovvisti di licenza.

Tutti, croati o stranieri, debbono essere muniti di permesso anche per una semplice “togneta e un ameto”, con cui tentare la minutaglia. Se si è cittadini croati si possono ottenere la licenza annuale di pesca sportiva o di pesca ricreativa, con costi che variano da 10 a 500 kune, ovvero da 1 euro e 34 centesimi a 67 euro. I cittadini con passaporto straniero possono acquistare il permesso giornaliero, che è di 60 kune (8,02 euro), quello di 3 giorni per 150 kune (20 euro), di 7 giorni per 300 (40) e di 30 giorni per 700 kune (93,6 euro).

Per sapere i luoghi dove si acquistano i permessi, si deve cliccare sul sito Internet www.hssrm.hr. La pesca d’altura merita uno spazio a parte: croati e stranieri devono pagare per le catture di tonni, pesci spada e aguglie 120 kune al giorno (16 euro), 300 kune (30) per 3, 600 kune (80,2) per 7 e 1500 kune (200 euro) per 30 giorni. Attenzione che quotidianamente si può prendere un solo esemplare delle predette specie.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:pescaturismo

Riproduzione riservata © Il Piccolo