«Stagno di Banne ucciso con olio o detersivi nell’acqua»: morti api, girini e tritoni
In attesa che l’Arpa – ci vorranno un paio di giorni – fornisca l’esito delle analisi dei campioni di acqua prelevati, l’area è stata transennata dal comandante della Stazione Forestale di Trieste Lucio Ulian
TRIESTE Lo “Stari Kal”, lo stagno di Banne, in questo momento, è morto. Api, girini, lumache, tritoni galleggiano inermi, privi di vita.
Una scena orribile, soprattutto per gli amanti della natura e del Carso in particolare. Ma cosa è successo: morte naturale oppure c’è lo zampino dell’essere umano?
Il dubbio è perdurato per diverse ore ieri mattina quando Stazione Forestale di Trieste, tutori stagni e Comunella di Banne hanno effettuato un sopralluogo congiunto nell’area vicina alla scuola elementare “Julius Kugy”, in via di Basovizza.
Nel primo pomeriggio il naturalista del Museo di Storia naturale di Trieste Nicola Bressi, recatosi in loco, ha sciolto le riserve, con un esito estremamente amaro.
«Ho visto oltre 200 api morte sul pelo dell’acqua, girini e lumache di stagno senza vita, tritoni crestati e punteggiati immobili, stecchiti. Speravo si potesse trattare di un fenomeno di anossia (insufficienza di ossigeno nell’ambiente, ndr) ma qui di naturale non c’è proprio nulla. C’è stato uno sversamento di liquami tossici. Secondo me oli esausti», racconta preoccupato e arrabbiato Bressi.
In attesa che l’Arpa – ci vorranno un paio di giorni – fornisca l’esito delle analisi dei campioni di acqua prelevati, l’area è stata transennata dal comandante della Stazione Forestale di Trieste Lucio Ulian.
Per diverse ore questo stillicidio del fragile ecosistema carsolino ero stato attribuito ad un evento naturale. Nello specifico si era ipotizzato il fatto che, in seguito alla scarsa presenza di acqua e con le temperature piuttosto elevate di questo periodo, si fosse venuta a creare una intossicazione della flora presente nello stagno. La memoria riportava al clamoroso caso del rio Ospo del 2016, quando decine e decine di germani reali morirono a causa della neurotossina botulinica di tipo C autoprodottasi all’interno del torrente muggesano.
«L’odore proveniente dall’acqua, la presenza di foglie di ciliegie che non sono presenti nel verde attorno allo stagno e il numero spropositato di api morte sono stati i chiari segnali che non qualcosa, ma qualcuno ha ucciso questo splendido stagno», spiega Bressi.
La prima ipotesi conduce, nel “migliore” dei casi, allo svuotamento di un bidone, magari utilizzato per il compost, nel quale era stato versato anche dell’olio o qualche altra sostanza liquida, che ha prodotto una proliferazione batterica che a sua volta ha creato una trappola mortale sia per gli insetti, che allo Stari Kal vengono ad abbeverarsi, ed è il caso delle api, sia per gli animali che stanzialmente popolano lo specchio acqueo, come girini, lumache e tritoni. L’altra ipotesi è che vi sia stato uno sversamento di agenti inquinanti, ad esempio detersivi: per avere una risposta bisognerà attendere l’esito delle analisi dell’Arpa.
Lo stagno artificiale, risalente al Medioevo, è uno dei più antichi del Carso. Dopo essersi completamente prosciugato negli anni Sessanta, attorno alla metà degli anni Novanta la comunità di Banne, assieme al Comune di Trieste e ai bambini e ai genitori della scuola “Kugy”, avevano ridato vita all’ecosistema, colpito ora a morte da ignoti. —
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