Srebrenica, ottomila firme per una legge anti-negazionismo

Parte una petizione all’Alto rappresentante internazionale: sì a una norma che vieti di negare quanto accaduto
epa04990551 YEARENDER 2015 JULY A muslim women visit the Potocari Memorial Center in Srebrenica, Bosnia and Herzegovina, 10 July 2015. A total of 136 newly-identified Bosnian Muslims were buried on 11 July 2015 as part of a memorial ceremony to mark the 18th anniversary of the Srebrenica massacre. EPA/VALDRIN XHEMAJ
epa04990551 YEARENDER 2015 JULY A muslim women visit the Potocari Memorial Center in Srebrenica, Bosnia and Herzegovina, 10 July 2015. A total of 136 newly-identified Bosnian Muslims were buried on 11 July 2015 as part of a memorial ceremony to mark the 18th anniversary of the Srebrenica massacre. EPA/VALDRIN XHEMAJ

BELGRADO Da una parte tanti che ancora oggi non si fanno scrupoli nel disconoscere o sminuire crimini e sofferenze. Dall’altra migliaia di firme, arma per fare pressioni su chi ha potere affinché lo eserciti imponendo dall’alto una legge che punisca i negazionisti. Sono questi i due fronti che si contrappongono in Bosnia-Erzegovina, dove a meno di un mese dal venticinquennale dei massacri di Srebrenica sta riprendendo vigore una querelle su un tema-chiave, per il futuro del Paese: è l’approvazione di una legge che vieti il negazionismo su Srebrenica, da anni auspicata da vittime e sopravvissuti ma sempre rimasta al palo a causa degli steccati interetnici e delle contrapposte letture del recente sanguinoso passato, in particolare per l’opposizione di ampia parte dei circoli al potere in Republika Srpska, una delle due entità che compongono il Paese.

Le cose devono e possono cambiare, hanno però chiesto in questi giorni 8.372 persone – non solo bosniaci, ma anche stranieri di 132 nazioni, un numero simbolico identico a quello delle vittime di Srebrenica – che hanno firmato una petizione per chiedere all’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, Valentin Inzko, di non comportarsi più come Ponzio Pilato. E di usare le prerogative che ancora ha la sua funzione – i cosiddetti “poteri di Bonn” - per introdurre di sua iniziativa le norme anti-negazionisti, bypassando i processi decisionali locali.

L’iniziativa è stata lanciata dal "Klub 100-Plus", associazione che riunisce cittadini bosniaci dispersi in tutto il mondo e che in poco tempo è riuscita a raccogliere le migliaia di sottoscrizioni per la petizione già consegnata a Inzko e agli ambasciatori internazionali.

L’obiettivo è introdurre «d’urgenza» una legislazione attesa da anni. E farlo «non oltre l’11 luglio 2020», l’ultimatum che fa riferimento all’anniversario dei massacri del 1995, è stato illustrato. Mentre i Parlamenti di mezzo mondo «hanno adottato una risoluzione che riconosce il genocidio di Srebrenica», in Bosnia la tragedia non è ancora scolpita nelle norme e «il negazionismo continua a insultare le vittime», ha spiegato Senada Softić-Telalović, rappresentante del Klub 100. E promulgare la legge anti-negazionisti è «l’unica via per andare avanti», perché senza di essa «non ci saranno coesistenza e futuro» in Bosnia, ha aggiunto, specificando che bisogna farlo soprattutto «per le future generazioni».

La palla passa ora a Inzko, che in primavera aveva fatto intuire che si sarebbe mosso se la politica bosniaca fosse rimasta ancora inerte. Ma il tempo passa, l’11 luglio è vicino. E ancora nulla sembra far pensare a un cambio di rotta. —


 

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