Spunta una cordata di imprenditori pronta a gestire il Mercato coperto di Trieste
TRIESTE Le trattative sono riservatissime. Bocche ancora cucite sul nome della società che si potrebbe prendere cura del Mercato coperto. È sempre più vicina però – questione di settimane, trapela – la data in cui verranno svelati alcuni dettagli sulle trattative che una cordata di imprenditori triestini sta portando avanti con il Comune per il progetto di riqualificazione e gestione della struttura di via Carducci-largo Barriera, attraverso probabilmente un’operazione di project financing.
Da tempo l’edificio a due piani degli anni ’30, progettato dall’architetto Camillo Iona, è infatti al centro di un programma di rilancio da parte del Comune, che però non è ancora del tutto decollato. Nonostante gli svariati sforzi, sostenuti in particolare dall’assessorato al Patrimonio di Lorenzo Giorgi, con un investimento, mirato soprattutto a un restyling, dell’amministrazione di circa 250 mila euro, il Mercato coperto non è diventato un nuovo attrattore commerciale. Resta infatti, tra le varie cose che non vanno, una gestione anarchica degli spazi al piano terra, dove gli stand di frutta e verdura restano quasi tutti aperti solo la mattina, ma anche di quelli del primo piano, dove le serrande spesso rimangono chiuse per giorni. In particolare quest’ultimo aveva, per un breve periodo, visto diversi commercianti prendere in affitto le molteplici postazioni presenti, portando una ventata di novità. Ma la maggior parte ha lasciato dopo poco, demoralizzata dall’andazzo generale.
Ecco dunque l’idea del Comune di ricorrere al project financing, con cui il futuro investitore non solo si occupi di concludere il rilancio, ma anche di gestire direttamente la struttura. L’operazione ha per protagonista una cordata d’imprenditori triestini, che al momento si sta occupando di curare la fase progettuale assieme agli uffici comunali, in testa il dipartimento Lavori pubblici e Project financing diretto da Enrico Conte. Su molti punti la cosa è ancora in alto mare. Le parti ad esempio non hanno ancora accennato a potenziali cifre d’investimento. Sono certamente diversi gli aspetti su cui intervenire per ridare splendore a questa struttura, nella quale si punta a “sottrarre” piuttosto che ad “aggiungere”, seguendo dunque i dettami di quelli che sono gli attuali progetti di rigenerazione urbana al centro dell’architettura contemporanea. Ne sono un esempio il mercato coperto di Lisbona, quelli di Porta Romana, a Milano, il Covent Garden a Londra. Luoghi che ogni anno attirano migliaia e migliaia di visitatori.
Chi a Trieste giocherà questa importante partita – «per portare posti di lavoro, non toglierli», viene sottolineato dagli addetti ai lavori –, sa che investirà in un’area, quella di largo Barriera che, tra la rinnovata pasticceria Pirona e altri spazi, sta pian piano diventando meta ricercata da turisti e triestini. La base da cui partire è comunque una struttura di un certo pregio, con riferimenti architettonici non banali. Costruita nella prima metà del ’900, al suo interno si possono ancora ammirare gli archi ribassati di spartimento, un preciso riferimento ai saloni della Victoria, la nave, esempio di avanzato design, che il Lloyd Triestino aveva varato nel 1931. E poi c’è la rampa elicoidale di raccordo tra il primo e il secondo piano. Soluzione, questa, che affonda le sue radici storiche nelle rampe vignolesche della villa demaniale Farnese, a Caprarola, in provincia di Viterbo, ma che era stata “reinventata” dall’ingegnere Mattè Trucco nella Fiat Lingotto a Torino (1926) ed in seguito presente in tutti i garage d’Europa e d’America.
Sull’edificio incombe anche un vincolo derivante dal lascito di Sara Davis, figlia di un ricco mercante inglese, che donò l’immobile al Comune: all’epoca si pensò fosse la giusta postazione da riservare esclusivamente alle “venderigole”. Nell’ottica di mantenere il vincolo, ora che le “venderigole” non ci sono più, tra gli spunti emersi durante le trattative tra Comune e privati, si è dato vita all’idea di riservare una parte o il cuore del mercato ai fruttivendoli a chilometro 0, da collocare in una struttura interna particolare. —
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