Sprechi pubblici in Fvg, recuperati due milioni

In aumento le somme restituite alle amministrazioni dalla Corte dei conti nonostante «la carenza di magistrati»
La cerimonia alla Corte dei Conti (Bruni)
La cerimonia alla Corte dei Conti (Bruni)

TRIESTE. Tanto (da fare) con poco (a disposizione). Il binomio imperfetto in epoca di crisi, oltre ad aziende ed enti locali, oramai investe financo gli organi di giustizia. Dopo gli urli di dolore di magistratura ordinaria e amministrativa all’apertura degli anni giudiziari di Corte d’appello e Tar, ieri è toccato alla magistratura contabile, all’apertura dell’anno giudiziario della Corte dei conti del Fvg, rilanciare le rivendicazioni delle toghe. “Siamo sempre di meno, facciamo sempre di più”, è il concetto fatto passare nella cerimonia cominciata sulle note dell’inno di Mameli davanti alla governatrice Debora Serracchiani. Ed è sintomatico dei tempi che corrono che a lagnarsi della carenza di personale, e più in generale di risorse, sia ora il braccio dello Stato che si occupa proprio di fare in modo che lo Stato si riprenda, almeno in parte, quelle risorse. Sì perché sfiorano i due milioni (un milione e 889mila euro) i soldi pubblici recuperati nell’ultimo anno attraverso le attività svolte dalla Corte dei conti regionale, come si può desumere dalle due relazioni sul 2015 lette ieri dal presidente della Sezione giurisdizionale Alfredo Lener e dal procuratore Tiziana Spedicato.

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Maurizio Zappatori

Delle 25 sentenze pronunciate l’anno scorso per altrettante cause di responsabilità amministrativa, le 24 condanne (contro un’assoluzione) in attesa del relativo ricorso in appello per intanto «hanno stabilito l’obbligo di risarcire le amministrazioni danneggiate» per un milione e 525mila euro, ha rilevato il giudice Lener. Le condanne insomma sono valse un milione e mezzo a fronte di due milioni di richieste di risarcimento. Il totale recuperato nel 2015 “per sentenza” è di tre volte superiore a quello del 2014 (434mila su un milione di richieste) mentre è di un 20% inferiore al dato del 2013.

Per raggiungere il totale di un milione e 889mila euro di cui si diceva, al milione e mezzo di condanne vanno aggiunti i 364mila euro recuperati prima del giudizio, qui di competenza della procuratrice Spedicato, che ne ha spiegato la natura in una conferenza stampa pre-adunanza: 341mila euro sono il frutto di una sorta di “patteggiamento” poiché sono stati corrisposti dopo l’invito a dedurre, altri 23mila sono stati restituiti ancor prima, dopo l’apertura dell’istruttoria. Tra i soldi arrivati nel 2015 “ante iudicium” compaiono in particolare i 210mila euro versati da 14 consiglieri regionali coinvolti nell’inchiesta sulle spese folli, cui si sommano altri 18mila di analoga natura datati inizio 2016. Il filone delle spese pazze, per quanto riguarda sempre il 2015, annovera poi 216mila euro incassati per sentenza - una sentenza di condanna per l’ex gruppo della Lega - e un atto di citazione da ulteriori 233mila per l’allora capogruppo Danilo Narduzzi. Resta in piedi, come da rilievo della stessa Spedicato, un’«ultima posizione in relazione alle spese di funzionamento 2010-2012, di un consigliere al quale è stato notificato a fine 2015 un invito a dedurre integrativo». È Ugo De Mattia, che non ha inteso finora concordare il “patteggiamento”. È la punta dell’iceberg di un lavoro della Procura contabile che Spedicato ritiene fatto «a ritmi incredibili», e con due magistrati e mezzo (un terzo di stanza a L’Aquila è in assegnazione aggiuntiva a Trieste da giugno scorso) su una pianta organica di quattro. «Pur con il massimo impegno garantito dalle forze, comprensive di otto figure amministrative, di cui dispone la Procura, si corre il serio rischio di non poter soddisfare la domanda di giustizia», il finale di Spedicato, che ha fatto eco al giudice Lener sulla «necessità che vengano attribuite alla Corte, oltre che compiti molteplici, anche risorse adeguate per il loro svolgimento. Questa Sezione giurisdizionale opera con tre magistrati, compreso il presidente, ma a breve vi sarà una scopertura d’organico che porterà la dotazione sotto la soglia minima necessaria per un collegio giudicante». Il tutto in un’epoca di sburocratizzazioni e autocertificazioni che, come effetto collaterale, «si prestano alla agevole commissione di illeciti, in quanto non sono accompagnate da controlli adeguati». E qui Lener ha bacchettato le «norme regionali che consentono ai beneficiari un ampio utilizzo di autoattestazioni», cui «va accompagnato un controllo, effettuato anche a campione, ma in modo molto più frequente di quanto avvenga attualmente».

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