Spina: «Una Barcolana più internazionale per combattere la crisi globale»
Per parlare del futuro della Barcolana dobbiamo, prima di tutto, parlare del suo passato, e del suo presente. Il passato racconta di una regata nata per caso, nel 1969, e cresciuta grazie all'impegno e alla determinazione dei soci, ma anche grazie allo sviluppo economico, all'epoca d'oro degli sponsor, alle relazioni, alla lotteria, all'impegno dei soci, e ai contributi pubblici. Questi ingredienti hanno costruito l'evento, e sono stati centrali per quarant'anni. Poi, è venuta la crisi, quella che a partire dal 2009 ha sconvolto il nostro mondo, tutto il nostro mondo, compreso quello della nautica da diporto.
. IL CONTESTO
Alcuni numeri. Prima del 2004, ogni anno in Italia venivano immesse nel mercato circa 7mila barche nuove all'anno: nel 2010 erano duemila. Nel 2007, il leasing nautico in Italia ammontava a 2,5 milioni di euro: nel 2011, in tutta Italia, erano stati finanziati leasing per 500mila euro. I lavori di refitting delle barche valevano nel 2006 467 milioni, ma superavano di poco 179 milioni nel 2011. In sintesi: molte meno barche nuove sul mercato, molte meno barche usate in acqua, molte di più ferme sugli scali a terra. In Friuli Venezia Giulia, il fatturato del mercato nautico ammontava a 97 milioni di euro nel 2011, per scendere a meno di un terzo, a soli 30 milioni un anno dopo. Parte da qui la nostra riflessione sulla Barcolana: da un evento che, pur trovandosi in un mercato in grave crisi (ricordiamo la situazione del Salone internazionale di Genova, ridotto da 10 giorni di esposizione a meno della metà, su una superficie espositiva ben più piccola?), in questi anni di difficoltà ha saputo crescere, creare maggiore ritorno d’immagine internazionale per sè e il territorio, aumentare il pubblico, sviluppare un rapporto credibile e basato sui risultati con i propri sponsor e le istituzioni.
Chi parla del calo di barche presenti, ha tenuto conto dello scenario nazionale e internazionale, del mercato nautico, della crisi economica? Probabilmente non ha pensato di guardare oltre alle foci del Timavo. Partendo da questi dati, abbiamo, negli ultimi anni, lavorato per internazionalizzare la regata. Abbiamo pensato che dare la possibilità di partecipare agli armatori francesi, inglesi, russi, olandesi – ma anche più croati e sloveni, posto che dietro l'angolo, da Isola d'Istria fin lungo la Dalmazia, ci sono 56 tra porti turistici e marina nautici, per un totale di 46mila posti barca – potesse creare maggiore interesse per l'evento, aumentare l'incoming turistico, creare storie e racconti in grado di alimentare, dare vigore e rendere la manifestazione appetibile per il pubblico e gli sponsor, che – diversamente a quanto ho letto in qualche dichiarazione – difficilmente si presentano alla porta di qualsiasi evento, implorando di poterlo finanziare.
LE GRANDI BARCHE
Dilemma grandi barche in Barcolana. Vorrei far notare agli smemorati che le “grandi barche”, alla Barcolana, ci sono sempre state. Per la sua epoca, negli anni Ottanta, il “Moro di Venezia” era una grande barca, con i suoi grandi campioni. “Riviera di Rimini”, nel 1998, era una “grande barca”, così come “Alfa Romeo” dalla metà degli anni 2000. La Barcolana si fonda sul mix tra grandi e piccole, velisti professionisti e popolo del mare. È il mito di Davide contro Golia: deve esserci Davide e deve esserci Golia. Il giovane triestino Christian Babic è l'eroe della Barcolana 2013: alla premiazione è stato acclamato ben di più del vincitore assoluto. Perché? È arrivato 9.o assoluto con una barca completamente triestina (dal progetto all'equipaggio) lunga meno di nove metri. La riflessione sta nel fatto che Christian Babich, in Golfo, la scorsa stagione, ha vinto tanto ma la Barcolana lo ha reso unico: oltre 1.500 barche dietro di lui, triestine e non, con campioni a bordo e non. È questo, il mix che rende unica la Barcolana: scafi piccoli e grandi, velisti locali (possono rivendicare il “fattore campo”) e velisti da tutto il mondo, professionisti e appassionati, i primi in veste ufficiale ma anche no, i secondi a Trieste per divertirsi e per compiere un'impresa.
QUESTIONI DI BILANCIO
La buona notizia è che, nonostante la crisi, il calo di finanziamenti pubblici e di sponsorizzazioni private legati alla crisi economica, la Barcolana ha un bilancio in positivo. L'evento si è ristrutturato con una diminuzione di spese (dato del 2013 rispetto al 2012) di ben 300mila euro e anche così ha mantenuto le promesse con i gli sponsor, le istituzioni, la città, organizzando un evento di alto livello e chiudendo con un utile il proprio bilancio. Un utile che, invece, non ha potuto risanare le casse della Società velica di Barcola e Grignano. Casse che vedono alla voce entrate i canoni dei soci, i servizi resi ai soci e, appunto, gli utili della Barcolana, come se questi potessero essere sempre uguali, sempre costanti o in crescita, indipedentemente dai contributi delle istituzioni, dal livello delle sponsorizzazioni, come se fosse un “maxi canone” (parliamo di 300mila euro l'anno) da riscuotere ogni anno.
Mi sono dimesso da presidente della Svbg perché non posso accettare il fatto che l'utile della Barcolana sia devoluto alle spese generali e ai servizi che la Svbg rende ai propri soci e non allo sviluppo della società e della regata stessa. Credo i soci della Svbg debbano sottoscrivere un bilancio che tenga conto del risultato positivo della Barcolana ma non affidino a esso il pareggio. È giusto che i soci della Svbg ottengano un vantaggio dalla Barcolana: è il loro patrimonio, il volontariato sociale sostiene l'evento, la regata è stata costruita da loro. Ma diverso è godere dei frutti del proprio impegno, rispetto a piegare l'evento, anno dopo anno, a “cassaforte” della società. Da questo punto partono le mie dimissioni.
BARCOLANA E FUTURO
E con Barcolana intendo sia la regata sia la società velica. Io, ormai, sono storia, sono il passato. Resta la Barcolana del futuro. In qualità di past president, mi resta il compito istituzionale di seguire l'attività del direttivo entrante con compiti di consulenza: se richiesto, il mio parere sarà sempre disponibile. Voglio concludere con un appello ai miei soci: un grande evento è nelle mani di un piccolo gruppo di persone, poco più di 400. Di queste, solo una parte molto piccola si avvicenda, anno dopo anno, da tanti anni, nei consigli direttivi. In questi ultimi anni ho lavorato per avvicinare nuove forze giovani a questi ruoli. Abbiamo bisogno di un direttivo composto da persone giovani, persone che siano capaci di organizzare un evento e una società. E abbiano, conditio sine qua non, una qualità: vadano e sappiano andare in barca a vela. Abbiano fatto regate, abbiano tenuto in mano con profitto (non solo per fare una foto e pubblicarla su Facebook) il timone di una barca. Sembra tanto strano, se dico che c'è bisogno di velisti per organizzare la Barcolana? C'è bisogno di chi comprede i cambiamenti del mercato nautico, delle mode di questo sport, a cui sia spontaneo il senso di dedizione che è tipico di un vero sportivo. Certamente, non c'è bisogno solo di questo: ma questo spesso è mancato in passato. Ci sono giovani e bravi velisti che molto hanno avuto dalla Svbg negli “anni d'oro” della vela: oggi la società li chiama a rapporto. Serve una mano per scegliere la giusta rotta, lascare la randa e planare sulle onde di questo mare un po' agitato. Ma come tutti i velisti sanno, per correre più veloci si va in cerca delle perturbazioni: solo superandole con la giusta tattica si vince.
(ex presidente della Società velica Barcola Grignano)
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