Spiagge, niente proroghe. Tremano i gestori in Fvg
TRIESTE. L’estate è appena cominciata ma parecchi gestori degli stabilimenti balneari del Friuli Venezia Giulia guardano già all’ora di ritirare sdraio e ombrelloni.
L'avviso di "sfratto" - benché non certo immediato e ricco di distinguo - arriva dal Lussemburgo dove la Corte di giustizia europea ha bocciato la proroga «automatica e generalizzata» delle concessioni demaniali fino al 2020, in vigore per 30mila bagni italiani.
In parole povere: le spiagge vanno messe all'asta. E la gara di evidenza pubblica diventa obbligatoria per molti, anche se non per tutti. La sentena infatti lascia ampi margini di manovra ai giudici italiani che si sono rivolti alla Corte per avere chiarimenti in merito.
Nell'assegnazione delle concessioni si dovrà conto degli «imperanti motivi di interesse generale»: dalla disponibilità delle risorse naturali (le spiagge) e agli investimenti fatti dal concessionario sul bene pubblico. In sostanza si valuterà caso per caso. E quindi non mancheranno le polemiche.
Non lascia spazio a interpretazione la pronuncia per quegli stabilimenti «transfrontalieri», come è nel caso del Friuli Venezia Giulia, dove la proroga automatica costituisce, secondo il tribunale Ue «una disparità di trattamento a danno delle imprese con sede negli altri stati membri e potenzialmente interessate».
Per le quasi cento concessioni demaniali del Friuli, includendo anche gli arenili delle società sportive - «circa duemila addetti diretti e dell'indotto», conteggia la senatrice Pd Laura Fasiolo - il richiamo a rendere effettiva anche in spiaggia la direttiva Bolkestein rischia di diventare uno tsunami che potrebbe abbattersi su un migliaio di addetti stagionali e decine e decine di ditte familiari.
La sentenza, pronunciata per ironia della sorte nel giorno in cui l'Enit ha presentato il piano di rilancio del turismo in Italia, ha già messo in allarme associazioni di albergatori, sindacati e soprattutto i gestori del territorio che ora chiedono certezza delle regole, gare trasparenti che tengano conto dell'esperienza e un adeguato indennizzo in caso di perdita della concessione.
L'assessore alle Finanze della Regione Fvg, Francesco Peroni, assicura vigilanza attiva «affinché il percorso legislativo sia rapido e partecipativo» anche se per far fronte alla situazione «appare appropriata l'ipotesi di un emendamento al decreto legge sugli Enti Locali».
Tuttavia la pronuncia della Corte di Giustizia dell'Ue non giunge inattesa, «tanto che i riflessi che ne sarebbero potuti derivare erano da tempo all'esame congiunto delle Regioni interessate, inclusa la nostra. In tale consapevolezza, del resto, le Regioni avevano già avviato da molti mesi un assiduo dialogo con il governo, volto a monitorare l'evolversi dello scenario e a trovare una soluzione».
L'esecutivo, alle prese con le trattative con Bruxelles per il salva-banche, ora dovrà maneggiare con cura anche il salva-spiagge. Allo studio c'è una soluzione-ponte per tutto il settore, per il quale, come ha detto il ministro agli Affari Regionali Enrico Costa «dovranno essere tutelati gli investimenti e valorizzate esperienza e professionalità di coloro che rappresentano le colonne portanti del turismo balneare del nostro Paese».
In cantiere c'è un emendamento, firmato dai deputati Sergio Pizzolante, Area Popolare, e Tiziano Arlotti, che servirà a mettere in sicurezza le concessioni in essere fino all'approvazione della legge delega sugli Enti Locali. La durata della misura sarà invece da decidere in sede europea.
L'ipotesi di un atterraggio morbido dal mondo delle concessioni a lungo termine e delle proroghe fino alle gare aperte a concorrenti europei non convince invece gli albergatori che sono sul piede di guerra, «perché - ha affermato Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi - abbiamo bisogno di una tutela speciale per le concessioni demaniali che sono strettamente collegate a imprese che operano su suolo demaniale: privare un albergo della possibilità di accesso alla propria spiaggia significa condannarlo a morte sicura con pesanti contraccolpi negativi per l'economia del territorio e per l'occupazione».
In trincea anche Assobalneari, secondo cui l'Italia è «ostaggio della burocrazia europea». Tuona il presidente dell'associazione degli stabilimenti della Penisola Fabrizio Licordari: «La fine di un'azienda deve essere decisa dal mercato non dai tribunali».
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