Spese pazze, chiesti 238mila euro alla Lega
L’inaffidabilità dell’ex capogruppo della Lega, Danilo Narduzzi. L’impossibilità degli ex consiglieri padani di difendersi perché le ricostruzioni sono basate sulle parole dell’ex capogruppo, che prima distrugge documenti e poi ricostruisce a memoria o secondo la zona in cui è stato emesso lo scontrino.
E ancora, la mancanza di prove a carico dei quattro ex. Una raffica di contro-accuse scaricate addosso al procuratore regionale della Corte dei conti, Tiziana Spedicato. Che non arretra di un millimetro. Rimette in ordine i quasi 9 mila scontrini finiti ai raggi X e ripete il conto finale. Il magistrato chiede ai padani di risarcire 238 mila euro alla Regione, per danno erariale nell’inchiesta delle “spese pazze” in Consiglio regionale nel 2011.
Il dibattimento tra accusa e difesa, ieri davanti alla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti, è senza esclusione di colpi. Sul “banco degli imputati” ci sono Narduzzi, Mara Piccin (oggi consigliere del gruppo Misto), Ugo De Mattia, Enore Picco e Federico Razzini. E agli avvocati che ripetono di non avere la possibilità di difesa, perché sugli scontrini non c’è nome e cognome, il procuratore regionale replica dura. «Ma come vi volevate giustificare?» chiede Spedicato. «Sono tutte spese indifendibili e ingiustificate», sintetizza il procuratore regionale.
L’unico a uscire dal procedimento, su richiesta della Procura contabile, è l’ex assessore Claudio Violino, «perché non è stato trovato nessun rimborso di Violino a carico del Consiglio», dice Spedicato. A Narduzzi (difeso dall’avvocato Luca De Pauli) tocca il conto più salato, perché la magistratura contabile gli chiede di restituire poco più di 157 mila euro, mentre per Piccin (il suo legale è Francesco Ribetti) la somma finale è di 23 mila euro, per Razzini (Caterina Belletti) di 25 mila 400, per De Mattia (Alberto Tofful) di 23 mila 200 e per Picco (Andrea Gaiardo) 8 mila 600.
Spedicato riprende l’elenco delle spese, per tutti i gusti. Nel 2011 i leghisti hanno ottenuto rimborsi per 4 mila 431 scontrini di bar e gelaterie per 33 mila 600 euro; 3 mila 432 di ristorazione per 133 mila 800 euro; 392 di generi alimentari e bevande per 7 mila 400 euro; 109 di abbigliamento e calzature per 6 mila 200; 270 di negozi di agraria e ferramenta per 5 mila euro; 93 di elettronica e informatica per 2 mila 700.
L’elenco non è finito. Ci sono ancora 18 scontrini di gioiellerie per 2 mila 600 euro; 7 di parrucchiere per 124 euro; 15 di giocattoli e articoli da regalo per 473 euro; 43 di casalinghi per 2 mila euro; 27 di profumerie per mille 100 euro; 51 di tabacchi e oggetti di cartoleria per 697 euro; 4 di articoli militari per mille 400 euro. E infine 20 generici, per riparazione di bici, trattori, parcheggi e motocicli. Ultimo dato. Ai padani sono messi in conto anche 37 mila euro di cui non si trova alcuno scontrino, nè una ricevuta o una pezza giustificativa. La sentenza è attesa tra circa un mese.
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