Spese pazze a Palazzo, assolti in 18 su 22

Cade l’accusa di peculato per gran parte dei consiglieri regionali coinvolti. A giudizio solo un leghista. Il giudice: mancava una legge sull’uso dei fondi
L'aula del consiglio regionale
L'aula del consiglio regionale

TRIESTE. Assolti 18 dei 22 indagati della maxi inchiesta giudiziaria sulle “spese pazze” in Consiglio regionale. Per il gup Giorgio Nicoli all’epoca dei fatti, che risalgono al periodo 2010-2012, non esisteva una norma che limitasse l’utilizzo del denaro pubblico. E dunque il fatto non sussiste. Non sul piano giudiziario, almeno. L’accusa di peculato, contestata dal pm Federico Frezza, è caduta. Pranzi, cene, regali e acquisti personali su cui i politici si facevano rimborsare utilizzando i soldi dei contribuenti, erano tecnicamente in regola. La morale, insomma, è cosa diversa dalla legge.

Spese folli in Fvg, chieste condanne per 22 eletti
Il consiglio regionale

Il giudice, dopo due anni di udienza preliminare, ha rinviato a giudizio solo un indagato: l’ex leghista Ugo De Mattia, che non ha domandato l’abbreviato e ha richiesto il vaglio del Collegio penale (il dibattimento si apre il 7 giugno). Lo stesso gup ha accolto pienamente due richieste di patteggiamento. Una riguarda l’ex presidente del Consiglio regionale Edouard Ballaman (nove mesi di reclusione, pena sospesa, ha già restituito alla Regione oltre 4mila euro) e l’altra Matteo Caldieraro (due mesi di reclusione, pena sospesa), impiegato in un’agenzia di viaggi, finito nel mirino della magistratura con l'ipotesi di favoreggiamento per aver aiutato lo stesso Ballaman a ritoccare i rimborsi. Una terza richiesta di patteggiamento, quella di Danilo Narduzzi, è stata accettata solo in parte «per un parziale proscioglimento e quindi il giudice si deve astenere dal prosieguo», ha precisato Nicoli. L’ex capogruppo del Carroccio dovrà tornare davanti al gup: «La posizione di Narduzzi - sottolinea ancora il giudice - era strutturata su fatti che riguardavano totalmente lui e su fatti in quanto capogruppo, quindi relativi ad altri consiglieri per i quali è stata pronunciata la sentenza di assoluzione per insussistenza dell’atto».

Le motivazioni esatte delle sentenze saranno depositate nel giro di un mese, forse prima. «Queste vicende sono nate sulla scia dell’inchiesta su Fiorito, nel Lazio, ma in Friuli Venezia Giulia nessuno di quei fatti è riconducibile, per le persone assolte, a quell’esempio», ha commentato a caldo Nicoli dopo meno di un’ora di Camera di consiglio. Delle 22 persone finite nella bufera giudiziaria, tre dunque avevano fatto richiesta di patteggiamento, 12 di rito abbreviato e 7 avevano optato eventualmente per il rito ordinario. L’accusa aveva chiesto per tutti pene variabili da un anno e otto mesi a due anni e tre mesi. «Un conto - ha spiegato il gup - è prendere denaro del gruppo per versarlo sul proprio conto corrente o per acquistare immobili ma in Friuli Venezia Giulia non c’era nessuna contestazione di fondi utilizzati in questo modo e non si discuteva la legittimità di fondi impiegati per spese proprie».

Spese pazze, Tononi condannato dalla Corte dei Conti
Piero Tononi in consiglio regionale

L’indagine del pm Frezza, che aveva spazzato via un’intera classe politica, sotto il profilo giudiziario si chiude praticamente con un nulla di fatto. Tutto era iniziato il 4 dicembre del 2012 con il blitz della Guardia di Finanza nel Palazzo di piazza Oberdan nell’ufficio dell’allora segretario generale Mauro Vigini. Una bomba giudiziaria a pochi mesi dalle elezioni regionali. Erano le nove e mezzo del mattino, nel giro di cinque ore tre uomini in borghese avevano sequestrato interi faldoni di fatture, ricevute e scontrini e quanto avrebbe potuto far luce su come gli eletti gestivano il denaro pubblico. Le fiamme gialle erano ritornate anche il giorno dopo, mentre il resto era stato acquisito nelle settimane successive, costringendo le segreterie a fornire il materiale necessario all’inchiesta della Procura. Il caso Fiorito, in Lazio, era appena scoppiato, innescando analoghe operazioni in varie Procure italiane.

Dalle spese dei gruppi consiliari del Friuli Venezia Giulia era venuto a galla di tutto: chi si faceva rimborsare le gomme da neve e il bollo dell’auto, chi i regali, chi il taglio dei capelli, oltre a una varietà infinita di pranzi, cene e buffet. Frezza ha voluto vederci chiaro ma per il gup Nicoli «la legge dell’epoca non consentiva di ritenere che fosse una prassi illegittima, non conteneva controlli e limiti come adesso. I tempi dell’indagine, per la quale sono stati sentiti anche funzionari del Consiglio regionale - ha rimarcato il giudice - sono stati il più rapidi possibile, nel limite di quello che si poteva».

La soddisfazione sui volti di alcuni dei presenti, ieri, era palpabile. Il sorriso del pordenonese, ex Pdl, Antonio Pedicini e del forzista Piero Camber che guadagnava il corridoio a braccetto con Mara Piccin. Lieto fine? Non si esclude che la Procura ricorra in appello.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo